PREMESSA
Inizialmente avevo pensato di scrivere
un articolo sul mio blog perché l'imbeccata della storia che segue
aveva intercettato quella della mia vita in maniera del tutto
rocambolesca (che, come diceva il grande mediano metodista Gigi
Pirandello, l'inverosimile non può permettersi di non essere
autentico, alla lunga non reggerebbe, per cui occorreva mettere nero
su bianco perché nemmeno con tanta fantasia avrei immaginato una
trama simile, giocoforza dovevo tenerne nota), poi però, sapendo che non avrei potuto evitare di
parlare di calcio, ho preferito deviare sulle colonne degli 11
Illustri Sconosciuti, dando, per la prima volta, seguito ad un
suggerimento ricevuto dall'esterno.
Sono solito prestare il mio orecchio a
tutti ma la mia voce a pochi: tuttavia in questo caso mi son permesso
uno strappo alla regola perché, una volta lette le vicende del
calciatore di cui tosto (beh, non troppo “tosto”) andrò ad
angustiarvi, chiedere di scriverne è stato come invitare un'oca a
bere.
tum chà – tum chà.
CAPITOLO 1 – HERE, THERE &
EVERYWHERE
Nel fare un passo indietro vi chiedo di
pazientare o, in alternativa, saltare a piè pari il presente
capitolo che, fondamentalmente non c'entra 'na mazza, ma “s'ahveva
dha fa'”.
Dovete sapere che gli 11IS hanno una
casella mail, o come dice il mio CTS “un'imai”, a dire il vero
pochissimo frequentata sia da mittenti foresti che dagli stessi
proprietari. Beh, una volta ogni mai la consulto per verificare che
nessuno ci abbia denunciato alla buoncostume, ci abbia offerto
prestiti a tassi di usura o abbia adito le vie legali a vario titolo.
Succede che trovo un'interessante mail
di un ragazzo torinese d'istanza in Polonia, il quale, nel
presentarsi, dice di avere una nonna originaria di Barigazzo, che,
per chi fosse poco pratico del Frignano, è una piccola frazione di
Lama Mocogno, sull'alto Appennino modenese. Immagina che noi, essendo
geminiani, lo conosciamo, ma non sa quanto le sue intuizioni si
avvicinino alla realtà. Insomma, morale della favola: il mondo è un
posto piccolissimo e sei gradi di separazione a volte sembrano essere
addirittura troppi.
Per antefatti che non starò a
descrivere qui, pur senza vantare alcun legame di sangue o di
discendenza, io a Barigazzo conosco praticamente tutti: abitanti
vecchi e nuovi, famiglie intere ed in cantiere, villeggianti seriali
o di regolare passaggio. Ci ho trascorso dieci estati e metà
inverni, ne conosco strade, sentieri, prati, boschi e selle. Per
tanto tempo l'ho considerata una seconda casa, fino a che -senza
stare a spiegare come e perché- giustappunto la scorsa estate, la vita ci ha spinto verso direzioni
diverse, che rimane un bellissimo modo per dire che non ci è dato
sapere come e quando, ma le cose s'interrompono, e fondamentalmente
va bene così.
Ad essere molto più che sinceri, avevo
deciso di limitare i miei rapporti con Barigazzo a questioni di vita,
di morte o di miracoli perché, per come intendo io le faccende
umane, spesso il modo migliore per apprezzare alcune di queste
rimane quello di schivarle di netto. Nondimeno e senza pontificare
oltre, se ero uscito dalla porta, la mail di questo ragazzo mi ha
fatto rientrare dalla finestra.
Barigazzo non è una metropoli, per cui la nonna di questo ragazzo doveva essere per forza parente di qualcuno che conoscevo. E, dopo aver incaricato il mio servizio di intelligence (leggasi: la nonna di una ragazza del posto) di informarsi al riguardo, ho scoperto che era proprio così, e ovviamente né il mittente della mail né la mia amica erano/sono a conoscenza l'uno dell'altra.
Barigazzo non è una metropoli, per cui la nonna di questo ragazzo doveva essere per forza parente di qualcuno che conoscevo. E, dopo aver incaricato il mio servizio di intelligence (leggasi: la nonna di una ragazza del posto) di informarsi al riguardo, ho scoperto che era proprio così, e ovviamente né il mittente della mail né la mia amica erano/sono a conoscenza l'uno dell'altra.
Ma non finisce qui.
L'indirizzo mail del ragazzo che ci ha
contattato non è il solito nome.cognome@sticazzi.it bensì
doyoubelieveinrapture@sticazzi.org. Questo potrebbe non significare
niente per nessuno, ma a me (e non dico nemmeno “stranamente!”,
perchè in questa storia ci sono più colpi di scena che nella quarta
serie di Breaking Bad) dice molto.
Di ritorno dalle mie estati
barigazzine mi divertivo (ero universitario, avevo del gran tempo da
perdere) a collazionare filmati con le foto che erano state scattate
durante la vacanza, ovviamente corredate di una degna colonna sonora.
Dello sbanderno che ne avrò fatti, ne ricordo uno e uno solo.
Riguardava una grigliata ai Landifrara (un appuntamento d'obbligo nel
granvarietà feriale di Barigazzo), e la cosa più buffa di quel
montaggio amatoriale consisteva nell'aver ritratto un amico che ad
ogni scatto impugnava un Heineken da 66, mai la stessa che stava
bevendo nella foto precedente. La canzone che avevo scelto era “Do
you believe in rapture” dei Sonic Youth, che sono una delle cose
più lontane dall'essere il mio gruppo preferito, ma che con quel
pezzo mi avevano spaccato la testa. L'avevo messa giù così bene che
tutte le volte che mi è capitato di riascoltarla per altri motivi,
avevo comunque in mente ogni frame del video, come se musica e
immagini fossero divenute due entità inscindibili.
Io mi sforzo di credere in tante cose,
credo pure che un giorno riuscirò a pronunciare correttamente
Borussia Moenchengladbach senza impappinarmi, ma qui stiam parlando
d'altro, siamo oltre il concetto di martingala o di tela di Penelope, qui qualcuno ha
buttato a caso una serie di dadi ed ha indovinato non solo che somma
avrebbero dato ma anche che numero sarebbe uscito per ciascuno di
questi. Ma non credo ci siano spiegazioni logiche, credo solo che
certe cose accadano, accadono così e, come recita la canzone con cui
ho aperto il libro, accadono qui, dove “qui” ha l'accezione
beatlesiana del termine: here, there and everywhere, in Emilia, in
Polonia... dove volete!
CAPITOLO 2 - DASVIDANIA TOVARISCH!
Il ragazzo torinese di avi barigazzini,
dopo aver fatto l'appello ed essersi profuso in graditissimi
complimenti volti ad incrementare la nostra vanagloria, suggeriva di
scrivere di un calciatore che assurgeva perfettamente -e con tutti i
crismi del caso- al ruolo di Illustre Sconosciuto: Vasilis
Hatzipanagis, detto “Il Mago”.
Nonostante esistano siti greci,
inglesi e spagnoli che ne parlano, dalle mie ricerche non mi risulta
che nessuno ne abbia ancora scritto in italiano (se non qualche
striminzita riga su Wikipedia), per cui ready steady go, lo faccio
io, che l'occasione di scriverne è un po' come depilarsi per una
donna, puoi non sapere il come o il quando ma sai che arriverà il
momento, quindi meglio farsi trovare pronti ed esibire tutto il
repertorio quando l'ora volge al desiderio.
Il cappellone “Vasia” nasce a
Tashkent in Uzbekistan da genitori greci comunisti, che avevano
riparato in Unione Sovietica poiché in Grecia il KKE (l'equivalente
del nostro PCI) era stato messo al bando.
Per poter giocare nel campionato sovietico, il giovanissimo ma già talentuoso Vasilis deve richiedere la cittadinanza “di grande madre Russia” e accetta. Non sa che questo gli comprometterà per sempre quella che avrebbe potuto essere una luminosissima carriera.
Per poter giocare nel campionato sovietico, il giovanissimo ma già talentuoso Vasilis deve richiedere la cittadinanza “di grande madre Russia” e accetta. Non sa che questo gli comprometterà per sempre quella che avrebbe potuto essere una luminosissima carriera.
Tra i commenti che si trovano ai
filmati su Youtube c'è chi ha scritto che questo è probabilmente
uno dei più grandi talenti sprecati di tutti i tempi e che avrebbe
potuto essere uno dei più grandi calciatori di sempre, se ne avesse
avuto la possibilità. Preciso come un dito in culo: non avrebbe
potuto commentare meglio.
Ma come direbbe lo chef Barbieri:”Attenzione!” non stiamo parlando del talento di RobinFriday o di Paul Gascoigne o di Mario Balotelli, stiamo parlando di un talento imprigionato da cavilli burocratici e, come vedremo, ambientali. Hatzipanagis infatti avrebbe dato fondo a tutto il suo talento senza risparmiarsi mai, ma questo non sarebbe bastato.
Ma come direbbe lo chef Barbieri:”Attenzione!” non stiamo parlando del talento di RobinFriday o di Paul Gascoigne o di Mario Balotelli, stiamo parlando di un talento imprigionato da cavilli burocratici e, come vedremo, ambientali. Hatzipanagis infatti avrebbe dato fondo a tutto il suo talento senza risparmiarsi mai, ma questo non sarebbe bastato.
Debutta a soli 17 anni, entra subito
nella rappresentativa sovietica degli Under 19 giovando quattro gare,
ed è considerato uno dei più forti giocatori del campionato. Quindi
accade ciò che sarebbe dovuto accadere e che, al contempo, sarebbe
stato meglio non fosse mai accaduto: dasvidania tovarish! e se ne va
a giocare in Grecia, la nazione della propria famiglia, più
precisamente all'Iraklis di Salonicco.
#loavessemaifatto
Hatzipanagis non impiega molto a
dimostrare il suo immenso valore e ben presto diventa l'idolo
incontrastato della tifoseria di Salonicco che, senza doverci pensare
troppo, gli attribuisce un soprannome perfetto: IL MAGO. Vasilis
viaggia su frequenze che sono del tutto ignote ai comuni mortali: non
gioca a pallone, dipinge calcio e non a caso più di una volta è
stato definito “Il Maradona greco”. Abilissimo nel dribbling, e
non perché uno la palla la impara a passare a sessant'anni, ma
perché, come diceva lui stesso:”Quando vedo dei difensori attorno
a me, voglio scartarli uno dopo l'altro”, guadagna pure, per le sue
evoluzioni e i suoi trascorsi sovietici, il buffo appellativo di
“Nureyev del pallone”.
Nel cercare una foto di Nueryev mi sono
imbattuto in una foto di nudo che mi limito a linkare qui perché,
fino a prova contraria, io ed il mio compagno di lettere siamo
eterosessuali al 100%, però riconosco che la sua omosessualità deve
essere stato un bel peccato per il gentil sesso, visto il missile che
si ritrova in mezzo alle gambe. Erano stati dei bravi sarti, i tifosi
dell'Iraklis, avevano cucito addosso un bel vestito a Vasilis,
paragonandolo al ballerino russo, perché in comune di sicuro avevano
una cosa: il talento sprecato.
Il ragazzo di Torino mi ha invitato a
guardare alcuni video su Youtube e ne ho trovato uno che, al di là
dell'ardito nome “Who is Messi? Vasilis Hatzinapagis Highlights”
mi ha colpito molto.
Cappellone, inevitabile 10 sulla
schiena e mancino naturale: già di per sé sussistono le condizioni
di esistenza per prendersi alcuni minuti e guardarne gli highlights
con attenzione. Poi si fa caso ad un mucchio di altri piccoli ma
rilevanti particolarità perchè, non mi stancherò mai di ripeterlo,
il diavolo sta nei dettagli.
Il Mago ama davvero imbottigliarsi nel traffico e circondarsi di difensori che non gli porterebbero via il pallone nemmeno se ci provassero per quindici giorni di fila, quindi, dopo aver creato praticamente da solo la netta superiorità numerica dei propri compagni, con occhi che sembrano fare le curve individua sul radar un amico cui recapitare la sfera, il quale, nove volte su dieci, si trova a tu per tu con il portiere: gol, arrivederci e grazie, mettete pure sul conto, paga il Mago.
Il Mago ama davvero imbottigliarsi nel traffico e circondarsi di difensori che non gli porterebbero via il pallone nemmeno se ci provassero per quindici giorni di fila, quindi, dopo aver creato praticamente da solo la netta superiorità numerica dei propri compagni, con occhi che sembrano fare le curve individua sul radar un amico cui recapitare la sfera, il quale, nove volte su dieci, si trova a tu per tu con il portiere: gol, arrivederci e grazie, mettete pure sul conto, paga il Mago.
CAPITOLO 3 – CONDIZIONI CLIMATICHE
CHE RENDONO STERILE
Sarà che mentre scrivo ho rimesso in
circolo gli Afterhours perché a breve mi ricapiterà di vederli nel
tour di “Hai paura del buio” diciassette anni dopo l'uscita
dell'album, ma mi è tornato in mente questo verso di una canzone
che, in verità, fa abbastanza cagare (e non era nemmeno nell'album
summenzionato) ma che ben si presta come titolo al capitolo.
Giocare a Salonicco, allo stadio
Kaftzansoglio, non è esattamente una leggerezza. A quelle latitudini
il calcio è una questione dannatamente seria (il ragazzo della mail
ha scritto:”da manicomio”) e mettere la maglia dell'Iraklis è
come un diamante: per sempre.
Hatzipanagis fa bella mostra di sé e
diverse squadre europee, tra cui Porto, Lazio, Stoccarda e Arsenal,
gli mettono gli occhi addosso. Il Mago vorrebbe provare altro, non
solo perché stanco che le squadre di Atene facciano man bassa ogni
festa ed ogni campionato, ma anche per cimentarsi in tornei di più
alto livello.
Tuttavia la dirigenza della società non osa immaginare
la possibile reazione della calda tifoseria qualora venga deciso di
cederlo (ancora, il ragazzo della mail, che a Salonicco ci ha vissuto
un anno, ne parlava così:”un posto che quando ti entra dentro non
ti molla più”), per cui, temendo lo scoppio della guerra civile,
devono avergli consigliato qualcosa tipo:”Vasia, vedi 'n po' te... ma
se vai via vengono a farci tana e ci ammazzano tutti.”
Il Mago, a malincuore, capisce che è
meglio stare dalla parte del grano e rimane a Salonicco. Le
condizioni climatiche “lo rendono sterile”, impossibilitato a
dispensare la propria magia oltre il Mar Egeo. Sempre andando in prestito di un verso degli After:"Puoi non assaggiare, per vedere se il gusto se ne va": uguel. Giocherà la bellezza
di quindici anni all'Iraklis, dal 1975 al 1990, in quella che a
Salonicco è conosciuta come “L'era di Vasilis Hatzipanagis”. Non
vincerà praticamente niente ma si toglierà la soddisfazione di
alzare la Coppa nazionale dopo aver buttato fuori il Pana in
semifinale e sconfitto l'Olypimpiacos in finale ai calci di rigore.
Per la cronaca quella partita si conclude 2 a 2 dopo i tempi
regolamentari, 4 a 4 dopo quelli supplementari e 6 a 5 al termine dei
calci franchi. Il Mago, di tuta la conta dei gol su movimento ne
segna due: un buon bottino.
Son contento di non averla vista perché sì, se avessi tifato Iraklis avrei eiaculato felicità per settimane, ma lì per lì avrei perso dieci anni di vita.
Son contento di non averla vista perché sì, se avessi tifato Iraklis avrei eiaculato felicità per settimane, ma lì per lì avrei perso dieci anni di vita.
Tuttavia dire che piove sul bagnato è
fare un complimento all'acqua che vien giù perché la situazione
ambientale (leggasi clima ossessivo dei regaz del Kaftansoglio) non è
l'unica cosa che dice male ad Hatzipanagis, infatti anche i trascorsi
sovietici ne vanificano ogni altra prospettiva, nella fattispecie
quella di militare nella nazionale greca.
In occasione di un'amichevole contro la
Polonia (vi ricordate dove ho scritto che vive e lavora ora il
ragazzo di Torino che ha inviato la mail? Ecco, iniziava con la “P”
e non è Papua Nuova Guinea, ma vabbè, sarà un caso pure questo)
viene convocato dalla nazionale ellenica e Vasia fa il cazo che gli
pare, canta, suona e dice le poesie: la Grecia ha trovato il suo
novello Ulisse.
Non fosse che, se ricordate quanto
scritto ormai ventimila caratteri più in alto, Hatzipanagis aveva
disputato quattro partite per la selecta giovanile della CCCP e gli
viene notificato, proprio in virtù di questo, che non avrebbe potuto
giocare altre gare con l'Hellas. Cornuto e mazziato.
Qui in un'immagine scattata nel 1999,
quando la Federazione greca gli permise di giocare per venti minuti
in un'amichevole disputata contro il Ghana, per omaggiarne il
contributo al gioco del calcio in Grecia.
CAPITOLO 4 – ALMENO UNA GIOIA
L'amico di penna scriveva che a
Salonicco tifano tutti Aris e Paok, i due altri club della città, e
sono soliti deridere l'Iraklis ma “ogni tanto capita che qualcuno
salti fuori con la frase: 'però hanno avuto il più grande di tutti'
e allora silenzio perché sanno che è vero”. Un patrimonio
incondiviso ed incondivisibile ma da proteggere a priori senza distinzione di fede calcistica o di censo, quasi fosse
stato l'ultimo dei panda, roba che se si presentasse in un bar x di
Salonicco masticando una gomma e salutando con due dita papali, tutti
s'alzerebbero in piedi per tributare il miglior calciatore greco di
sempre, quello costretto, suo malgrado, a non vedere sbocciare il
proprio talento in piazze dove avrebbero saputo capitalizzarlo al
massimo e restare nel dorato, ma scomodo, cono d'ombra dell'Iraklis.
Anche il mondo del pallone volle
rendergli omaggio, permettendogli di mostrare quella classe
cristallina oscurata dalle beghe burocratiche ed ambientali di cui
sopra. Nel 1984 venne invitato nella Grande Mela per giocare
un'amichevole a fianco di calciatori del calibro di Beckenbauer,
Kempes, Krol, Magath e Keegan in un World XI contro, e qui chiudiamo
un immenso cerchio che nemmeno sapevo di avere aperto,
nientepopodimeno che i Cosmos di New York.
Giovedì al calcetto & #wellness,
quando incontrerò il mio socio Santu, SB9, Luca, Ceppo e Simba
chiederò loro com'era dal vero "Il Mago", Vasilis Hatzipanagis.
Nessun commento:
Posta un commento