IL TORO DI SORA E UNA FAVOLA AMARA

Pasquale Luiso da Sora balza agli onori della cronaca sportiva e di costume l'1 dicembre del 1996.
Il Piacenza dell'autarchia è reduce da un inizio di stagione col botto ed affronta in casa il Milan post-Capello allenato da Oscar Washington Tabarez, l'uomo che recentemente ha rimesso in sesto i cocci della nazionale uruguaiana.
Lo stadio di Piacenza si chiama ancora Galleana (diventerà "Leonardo Garilli" solo dopo la morte di quest'ultimo, storico presidente dei biancorossi, il 30 dicembre di quel 1996) e il gotha del calcio italiano ha appena spolpato la rivelazione europea dell'anno precedente: les Girondins de Bordeaux.
Piacenza avanti di due gol e Milan che raggiunge i biancorossi con una doppietta di Cristophe Dugarry, uno degli acquisti di punta dei rossoneri di quell'anno.
Poi ci pensa il Toro di Sora a rimettere le cose a posto, segnando con una rovesciata ai limiti della follia e festeggiandola, dopo l'immancabile corsa di rito sotto la curva, con uno dei tormentoni che accompagneranno il calcio nostrano per tutta l'annata 1996/1997: il ballo della macarena.


Ma questa non è la storia di questo gol, nè la storia dell'esonero di Tabarez e del ritorno di Arrigo Sacchi. Questa informazione, come direbbe Claudio Bisio/Micio, mettetela lì. Potrebbe venire buona più tardi. Forse vi interesserà anche sapere che quell'anno il Piacenza finirà per salvarsi solo allo spareggio, battendo il Cagliari per 3-1 sul neutro di Napoli con una doppietta proprio di Pasquale Luiso. O forse no. E, forse, vi interesserà sapere che nell'estate di quell'anno Pasquale si accasa al Vicenza che girerà al Piacenza nientepopodimenoche Roberto Murgita.


Un altro paio di informazioni basilari per permettervi di entrare meglio in questo trip pallonaro: - il Vicenza in quell'anno aveva vinto la Coppa Italia battendo in finale il Napoli; - a quel tempo, e fino all'annata 1998-1999, i vincitori delle Coppe nazionali partecipavano alla seconda competizione europea per ordine di importanza chiamata Coppa delle Coppe. Sicuramente siete amanti dei sillogismi, per cui non perderò tempo a spiegare che il Vicenza si preparava a tornare in Europa dopo 19 anni e stavolta non si trattava di Coppa Uefa, ma di Coppa delle Coppe. Ah la Coppa delle Coppe! Amante bistrattata, fascinosa seconda, fotografia di un'epoca che ha puntato i riflettori su splendide cenerentole europee e su grandi blasonate in cerca di riscatto. E' una competizione che racchiude al suo interno una marea di favole da raccontare: il primo double degli Speroni bollenti di Tottenham, la Sampdoro di Paolo Mantovani, la tesi di laurea di Ronaldo in maglia blaugrana, il primo trofeo internazionale del paròn Rocco, Alex Ferguson prima con l'Aberdeen e poi agli albori della sua dittatura mancuniana, l'Arsenal di Seaman e di capitan Tony "un'altra pinta please" Adams, il piccolo Parma di Scala. Penso che quel nazista conclamato di Walt Disney non abbia fatto così male ad insegnare ad intere generazioni che tutte le storie hanno un lieto fine. Sono molto belle le favole a lieto fine, danno sicurezza. Ad ogni modo quella che vado a raccontarvi è una storia che il lieto fine lo sfiora soltanto, rendendo ancora più amaro tutto lo svolgimento degli eventi.
Nel primo turno della competizione, ovvero nei sedicesimi di finale, il Vicenza affronta i temibili polacchi del Legia Varsavia che un lustro addietro eliminirano la Sampdoria di Vialli e Mancini.
In un "Menti" esaurito sblocca proprio Luiso, di testa, su imbeccata di Arturo di Napoli, uno dei tanti componenti di quel Vicenza che negli anni a venire segneranno, più o meno indelebilmente, il calcio italiano. Faccio altri quattro nomi su tutti: Massimo Ambrosini, Francesco Coco, Roberto Baronio e Lamberto Zauli. E faccio riferimento anche ad un'altra cosa: a uno di questi 4 garba la sorpresina...
Al triplice fischio è 2-0 per il Vicenza, che così può affrontare fiducioso il ritorno nell'ostico campo di Varsavia.
In Polonia il Vicenza barcolla, subisce l'1-0 che rimette tutto in discussione ma, dopo un paio di provvidenziali interventi di Pierluigi Brivio "il portiere di notte", pareggia a tre minuti dalla fine con un lampo del fantasista Lamberto Zauli. 1-1 e ottavi di finale conquistati.
I ragazzi di Guidolin (sì è lo stesso Guidolin che adesso sta luccicando in quel di Udine, proprio lui) pescano lo Shakhtar Donetsk, club ucraino che a quel tempo non poteva nemmeno immaginare di diventare la pseudo potenza dell'est che è ora, e rifilano loro cinque reti in due gare, con il Toro di Sora che si esalta nel freddo ucraino segnando una doppietta e ripetendosi a metà nel ritorno casalingo.
I quarti di finale presentano un ostacolo olandese per i berici: il Roda JC, dove JC non credo stia per Jesus Christ. Sulle ali dell'entusiasmo il Vicenza sommerge letteralmente gli olandesi con un 4-1 esterno all'andata e un 5-0 interno al ritorno, con mattatore della doppia sfida ancora Pasquale Luiso che segna una doppietta in Olanda e timbra per primo nel ritorno casalingo e comanda solitario la graduatoria dei cannonieri della competizione con sette reti.
Il Vicenza entra nella cerchia dei fab-four che si contenderanno il trofeo in quel di Stoccolma.
La semifinale si presenta come un ostacolo difficilmente superabile: il Vicenza ha pescato il Chelsea dei "fuggiaschi" Gianfranco Zola, Roberto di Matteo e Gianluca Vialli (quell'anno in versione giocatore-allenatore dopo l'allontamento di Ruud Gullit). L'andata al "Menti" è una sintesi, uno spot del celeberrimo Davide contro Golia con gli undici di Guidolin che fanno ammattire i blues in lungo e in largo e vincono SOLO 1-0 in virtù di un super gol di Zauli: vedere per credere.


n.b. Avevo trovato un video a risoluzione migliore, ma la colonna sonora era di Vasco Rossi, quindi...
16 aprile 1998. stamford Bridge. Londra. Casa del Chelsea Football Club. Il ritorno.
Il Vicenza non vuole fare la vittima sacrificale e, a spiegare al meglio lo spirito degli uomini di Guidolin, ci pensa Pasquale Luiso: "Crossatemi una lavatrice e colpirò di testa anche quella" dichiara subito dopo l'atterraggio a Londra.
Non segna di testa, il Toro, ma col piede destro e ammutolisce letteralmente Stamford Bridge al 31° minuto. In un clima tipicamente inglese, tra pioggia e cori incessanti, dopo tre minuti Gustavo Poyett (che quando diventerà capitano promuoverà un'esultanza particolare e divertente che consiste nel togliersi la fascia dal braccio e metterla in testa a mò di cerchietto) ribadisce in rete una corta respinta di Brivio su tiro di Zola.  1-1.
Sul finire della prima frazione, un'altra invenzione di Lamberto Zauli permetterebbe a Luiso di insaccare nuovamente e di chiudere il discorso qualificazione, ma l'arbitro francese Batta, su indicazione del suo assistente, annulla per posizione di fuorigioco. Fuorigioco che si rivelerà inesistente rivisto alla moviola.
L'inizio di ripresa vede un Vicenza attento a non scoprirsi, ma punito dopo cinque minuti dal colpo di testa di Gianfranco "Magic Box" Zola su assist di Gianluca Vialli. 2-1 e discorso qualificazione completamente riaperto. Ora al Chelsea basta un altra rete per guadagnarsi la finale e, sotto la spinta incessante di tifosi e pioggia battente, rinchiude il Vicenza nella propria tre quarti per cercare il gol qualificazione.
Al 25' della ripresa Vialli decide di far entrare Mark Hughes sia per una questione tecnica che di cabala, poichè il vecchio Mark nel 1991 ha regalato la Coppa delle Coppe al Manchester United siglando una doppietta in finale contro il Barcellona.
Passano dieci minuti e De Goey "the moustache goalkeeper" anticipa Luiso e rinvia profondissimo: Hughes scavalca con una magia Dicara e incrocia in rete con un sinistro ai limiti del fantascientifico. 3-1 e Stamford Bridge in delirio. Nel finale succede di tutto: Ambrosetti si fa cacciare e prima Di Napoli poi Luiso falliscono il gol qualificazione. Il Vicenza se ne esce tra gli applausi e con il più classico pugno di mosche in mano.


Unica e magra consolazione rimane il titolo di capocannoniere della manifestazione vinto con ben 8 reti dal Toro di Sora che, al netto di un errore grossolano di un guardalinee d'oltralpe, avrebbero potuto essere 9 o più se il Vicenza si fosse qualificato per la finale.
Chiaro e limpido rimane il fatto che con i "se" e con i "ma" non si scrive la storia, al massimo si possono intavolare discussioni con nostalgici di qualsiasi epoca o evento.
Perciò Chelsea in finale e vittorioso sullo Stoccarda con un altro gol di "Magic box" Zola.

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