CON QUELLA FACCIA UN PO' COSÌ


Trivial "11 Illustri sconosciuti":
chi è l'unico giocatore italiano ad aver giocato e vinto un Campionato Paulista?
Lo sapete? Bene. Dimostratemi che non lo siete andati a cercare sul web nè avete letto questo post prima di dare la risposta e vi offrirò una birra. Non lo sapete? Ancora meglio. I prossimi 7/9 minuti di lettura vi toglieranno anche questa fondamentale curiosità.



Me lo ricordo molto bene, a Wembley, con la felpa bianca e il colletto blu nella finale contro l'Anversa. Era il 12 maggio 1993 e io, come spero la maggior parte dei bambini collezionisti di figurine Panini, mi sentivo abbastanza affascinato dai look "fuori bollo".
Erano già tre anni che lo collocavo di fianco ad Alessandro Melli in quella che teoricamente doveva essere una piccola realtà capitata per caso in serie A: l'A.C. Parma. Quel capello lungo, così figlio degli anni '80 appena trascorsi, quella barba un pò a caso e quel sorriso di chi, avrei poi capito a posteriori, la sapeva mooolto lunga erano il suo marchio di fabbrica, il marchio di Marco Osio da Ancona.
Era uno di quelli per cui non dovevi schiacciare il naso al televisore per capire dove fosse, un cavieroun così lo vedevi lontano un miglio.

Spulciando la sua vita calcistica si scopre che esordisce in serie A appena diciottenne dopo aver fatto tutta la trafila delle giovanili nel Torino che, all'epoca, possedeva uno dei vivai (non cantera, VIVAIO) più produttivi d'Italia.
In seguito viene spedito all'Empoli in B a farsi le ossa. Il caso, anche se trattandosi di un affaire-calcioscommesse non giurerei sullo zampino del destino, vuole che i toscani vengano ripescati in serie A in luogo del Vicenza. Siamo all'inizio dell'annata 1986-1987 e l'Empoli si ritrova, per la prima volta nella sua storia, ad affrontare il campionato di massima serie. Nella prima giornata di quel torneo si gioca Empoli-Inter. Fondamentalmente una sfida tra scappati di casa e una delle favorite al titolo nazionale. Le formazioni qui riportate lo testimoniano impietosamente senza possibilità di smentita.

EMPOLI: Drago, Vertova, Gelain, Della Scala, Picano, Salvadori, Osio (56' Brambati), Urbano, Della Monica (60' Calonaci), Casaroli, Zennaro. All. Salvemini
INTER: Zenga, Bergomi (49' Mandorlini), Baresi, Piraccini (54' Garlini), Ferri, Passarella, Fanna, Tardelli, Altobelli, Matteoli, Rummenigge. All. Trapattoni



Partita dall'esito scontato che, infatti, si conclude 1-0 in favore dell'Empoli con gol partita proprio di Marco Osio. Gli mancano ancora una decina abbondante di centimetri di capelli e una buona porzione di barba, ma il passo felpato e l'attitudine al "colpo" sono già ben visibili.
A fine anno l'Empoli si salverà e Marco avrà totalizzato 17 presenze e due reti. Il ragazzino rientra alla casa madre, il Torino, ma decide di fare un altro anno in prestito questa volta in una squadra emiliana che vuole tentare il salto in massima serie. Si tratta del Parma che ha appena lanciato in orbita un allenatore che avrebbe riscritto la storia del calcio: Arrigo Sacchi da Fusignano.
Al suo posto viene ingaggiato un allenatore di cui si parla un gran bene, un cecoslovacco trapiantato in Sicilia che, si dice, sprema i giocatori e giochi in maniera troppo spregiudicata per vincere: Zdenek Zeman.
La storia fra Zdengo e il Parma non decolla, così la società ducale cerca di salvare il salvabile e si affida a Giampiero Vitali per evitare l'onta di una retrocessione in serie C1. Compito portato a termine con successo sia in quella stagione che in quella successiva.
Marco si innamora dell'ambiente, decide di rimanere e cresce, anche da un punto di vista realizzativo. Nel frattempo la squadra si rinforza gradualmente presentandosi come favorita ai nastri di partenza del campionato di serie B 1989-1990.
Manca un ultimo tassello, l'allenatore. Il presidente Ceresini ingaggia un allenatore semi-sconosciuto che con la Reggina ha appena perso lo spareggio per la serie A: Nevio Scala. Questo rimane l'ultimo acquisto dell'era Ceresini, poichè il presidente volterà i piedi all'uscio all'inizio della stagione e la società verrà rilevata dalla Parmalat e dal suo deus ex machina: quella brava persona di Callisto Tanzi.
In ogni caso i suoi ragazzi, dopo un inevitabile contraccolpo psicologico, completeranno un rimonta difficoltosa che li porterà al 4° posto a fine stagione con conseguente promozione.
Scritto così appare come un evento asettico e privo di pathos, quindi riprovo.
Mancano due giornate alla conclusione del Campionato di serie B e, delle 4 squadre che approderanno in massima serie, tre sono già delineate: si tratta di Torino, Pisa e Cagliari. Si giocano, quindi, l'ultimo posto utile altre 4 squadre che si presentano con questa classifica prima della penultima giornata: Parma 43, Reggina 40, Ancona 39, Reggiana 39. La vittoria vale ancora due punti e, il destino beffardo, propone questi due accoppiamenti per quel 27 maggio 1990: Ancona-Reggina e Parma-Reggiana.
Per chi non lo sapesse la rivalità tra bagoloni e teste quadre (Parma e Reggio Emilia) è una delle più sentite sulla via Emilia ed ha generato sfottò, polemiche, scontri e, come ricorda bene Carlo Ancelotti, anche diverse difficoltà ambientali dettate da passaggi da una sponda all'altra. In altre parole vincere LA sfida per la promozione e condannare gli odiati avversari ad un altro anno di purgatorio avrebbe significato, per chi avesse centrato l'impresa, gloria eterna e gratitudine ai limiti dell'idolatrìa. E qui rientra in gioco Marco Osio che, dal quel 27 maggio in poi, sarebbe stato ribattezzato "El Sìndic" perchè è proprio lui ad aprire, con un candido esterno destro, le danze per quel 2-0 che promuoverà i gialloblù di Scala e taglierà le gambe ai granata nonostante i 23 gol di "pennellone" Silenzi.


Osio agisce da seconda punta a fianco di Alessandro Melli nel 3-5-2 ideato da Scala e messo in opera dagli undici in campo, ma fondamentalmente ha la libertà di svariare su tutto l'arco offensivo e di inventare ben coperto da Benarrivo a destra, Di Chiara a sinistra e illuminato dal fosforo di Zoratto, Pin, Brolin e Cuoghi (solo tre alla volta, ovviamente) nella zona nevralgica. Marco gioca col nove, ma non è un centravanti vero e proprio, è un giocatore che si esalta con l'assist, col colpo ad effetto, con "la giocata". I suoi cioccolatini e i suoi gol pesanti, mischiati alla fame e alla voglia di quel Parma, portano i ducali ad un piazzamento Uefa nella stagione 1990-91 ed alla vittoria in Coppa Italia la stagione seguente, primo trofeo della storia della società emiliana.
Dopo aver eliminato i campioni d'Italia della Sampdoria in semifinale grazie ad un cucchiaio di Melli, in finale (che allora si giocava con partite di andata e ritorno) il Parma trova la Juventus.
L'andata a Torino è decisa da un rigore di sua santità Roberto Baggio, allora "Coniglio bagnato" alla corte di Gianni Agnelli. Il ritorno, in un "Tardini" scoppiettante, è un'opera verdiana da strapparsi i capelli in cui Melli, alla scoccare del 45' minuto, realizza la rete che pareggia i conti. Nella ripresa, nonstante tutti i nonstante (direbbe il coautore di questo blog), il Parma trova il gol partita con una travolgente azione in verticale cominciata dall'algido Brolin e conclusa con un sinistro vincente dall'uomo dei gol pesanti: Marco Osio.

E qui si torna all'inzio, poichè nella stagione seguente il Parma arriva fino in fondo alla Coppa delle Coppe e io Marco Osio me lo ricordo così mentre entra a Wembley con quel look e quella faccia un pò così.
In quella finale non segna, ma batte l'angolo da cui nasce il gol dell'1-0 di capitan Minotti e serve l'assit per il gol del 2-1 al compagno di merende Alessandro Melli.


Racconterà poi in un'intervista ad un giornale parmigiano:
"Sono un grande fan della New Wave inglese, Cure, Echo & The Bunnyman... ti racconto un aneddoto legato alla finale di Coppa delle Coppe a Wembley, nel '93. Il giorno della partita Scala ci ha lasciato la mattinata libera. Poi ci saremmo ritrovati a mezzogiorno in albergo, per il briefing. Io, che sono un grande appassionato di musica, cosa faccio? Vado a Londra e non vado da Tower Records, che ora è Virgin? Ci facciamo accompagnare in taxi, visito tutti i piani del negozio e compro una valanga di dischi. Guardo l'orologio: le 11.30. Perfetto, siamo in orario. Prendiamo il taxi, ma puntualmente rimaniamo imbottigliati nel traffico. Ormai mancano pochi minuti a mezzogiorno e noi siamo ancora in macchina. Per fortuna il tassista ci scarica davanti all'hotel proprio mentre tutti si recavano alla conferenza stampa. Ho pensato, 'cominciamo bene la giornata'. La sera, poi, abbiamo vinto."

Conquistata anche l'Europa, Marco decide che a Parma il suo tempo è scaduto e tenta di riprendersi quella che era stata la sua giovinezza: il Torino.
In due anni, però, passa più tempo in infermeria che in campo e decide di accettare il verdetto negativo della sua scommessa. Grazie ai buoni rapporti che si è lasciato alle spalle a Parma, però, confeziona un "numero" fuori dai canoni consueti del calcio: Marco Osio goes to Brazil. E precisamente alla Sociedade Esportiva Palmeiras, meglio conosciuta come Palmeiras o "Verdão" che all'epoca era super sponsorizzata della Parmalat, sempre ben gestita da quella persona per bene che si è rivelata Callisto Tanzi.
Marco trova come compagni di squadra gente del calibro di Rivaldo (la bella copia del giocatore imbolsito che adesso, se non erro, sta spiumando qualche squadra dell'Uzbekistan o giù di lì) e del pendolino Cafu ed entra a far parte del team che vincerà a mani basse il titolo Paulista al quale Marco contribuirà con 20 presenze, una rete e un buon numero di assist.
Il Campionato Paulista non è il campionato brasiliano, ma un torneo (sentitissimo) che noi definiremmo regionale, ma che è definito statale, poichè il Brasile è una repubblica federale e non esistono regioni (nell'accezione europea del termine) ma solo stati federati.
Racconta Osio della sua esperienza:
“Dopo aver chiuso in Serie A con il Torino, nel '95, ho giocato un anno nel Palmeiras, che era sponsorizzato dalla Parmalat. Tra i miei compagni di squadra c'erano Rivaldo, Cafu e Junior, per dirne alcuni. Ho fatto un Campionato Paulista e mezzo Campionato brasiliano, perchè poi mia moglie è rimasta incinta ed è voluta rientrare. Del Brasile ricordo soprattutto il numero esorbitante di partite, nei giorni, nei posti e negli orari più assurdi. Ricordo il potere della televisione, molto più influente che in Italia, che decideva dove e quando giocare, anche una gara casalinga in uno stadio a centinaia di chlometri. Ma soprattutto ricordo lo strapotere delle telenovelas: una puntata importante poteva far slittare o anticipare un incontro di campionato”.

"Al Sindìc" torna in Italia e si diletta per un'altra manciata di stagioni in C1 e C2, poi appende le scarpe al chiodo e si mette ad allenare.
Più che auguragli buona fortuna non saprei che altro fare.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

si dice "AL sindic".

Anonimo ha detto...

ed il presidente del Parma prima di Tanzi era Ceresini non Cesarini !!!

santu ha detto...

faccio pubblica ammenda sul primo errore, mi gioco il refuso sul secondo.

grazie per i suggerimenti, provvedo a correggere.

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