ORFANI ORA: LA TRAVERSA DEL MILLENNIUM

a Cardiff, capitale di un regno che non c'è.

Quando piove, l'aria è fredda e ti svegli con dei postsbronza come quello che ho adesso, ci sono due cose da fare:
1) ripicchiarci sopra come se non ci fosse un domani;
2) farsela passare in qualche modo.
Chi mi conosce sa che l'opzione 2 è presa in considerazione come i pantaloni corti durante il rigido inverno. Quindi mi accendo una bella lager e vado a ruota libera, sia a voce che sulla tastiera del pc, perchè, comunque si muovano le cose, "That's the way I like it baby, I don't want to live forever (but apparently I am)".

oplà, un pò di rock'n'roll

La litania di Paul: il rigore di Bodin.

Per dovere di cronaca, all'inizio della mia avventura gallese, lavoravo durante i week-end come barista barra cameriere barra fucktotum in un ristorante italiano di Cardiff il cui nome, che è tutto un programma, è Zio Piero's Italian Restaurant. La cosa più interessante è vedere come l'ipotetico buon nome degli italiani (almeno in fatto di cibo) sia distrutto dagli italiani stessi. Pizze col ketchup al posto del pomodoro, "real bolonnese" servite senza pasta ma con le patate, pesci surgelati dallo sguardo non troppo convincente che non mi faranno mai bestemmiare abbastanza. Ma, come dice l'eterno poeta Pierpa, è la vita, continuiamo così, facciamoci del male. Ovviamente non ero l'unico italiano del locale ma, grazie alla mia discreta padronanza con la lingua d'albione, ho stretto amicizia con Paul. Paul è una specie di maitre della situazione, si rapporta con i gestori con la familiarità di chi lavora in un posto da sempre e ha due grandi passioni: i farfallini e il calcio. Sul perché abbia la passione per i farfallini, che tra le altre cose siamo obbligati ad indossare durante il servizio, non ho ancora indagato nè ho intenzione di indagare a breve. Fondamentalmente perché ho abbastanza paura delle ipotetiche risposte che mi potrebbe dare. Paul è gallese dentro e fuori. Ha i capelli rossi pettinati con uno strano riporto in avanti e un tipico accento gallese. Che significa che quando parla non si capisce una mazza, a meno che lui non si ricordi che il suo interlocutore non è gallese. Ma questa è un'altra storia che racconterò un'altra volta. Con Paul, nei momenti di stanca del locale, ci siamo tirati delle pezze infinite riguardanti l'argomento internazionale, dopo la fica, per eccellenza: il calcio. Fan sfegatato del Manchester United (cosa abbastanza usuale da queste parti fino a quando non è arrivata la matematica certezza della promozione in Premier League del Cardiff City), ha paragonato spesso i miei baffi a quelli di Ian Rush. L'ho sempre preso per un complimento, anche se il buon Ian non ha brillato sovente per loquacità e sveltezza intellettuale.

non ti hanno capito, Ian

Paul ha gli occhi lucidi quando parla di Ryan Giggs, ha nostalgia di quel giandone di Hartson, vede bene Ramsey e ha parole dolcissime per Gareth "Earth's best left foot" Bale. E ogni 3 per 2 mi ripete che, prima di morire, vorrebbe vedere la sua nazionale qualificata per una grande competizione; quindi, a stretto giro di vite, si blocca, pensa ai giocatori (specie in difesa) che ha a disposizione il Galles, sorride e sibila un eloquente "Not in this life". E ricomincia con la litania del rigore di Bodin. Ma questa mettetela lì che ci arriverò, con calma e gesso, fra un pò di righe. Giovi sapere, a chi legge ma anche a chi scrive, che l'unica ed ultima partecipazione della nazionale gallese ad un evento internazionale è datata 1958. Si trattava del mondiale in terra di Svezia, evento plurispoilerato su questi schermi sia dall'ambiguo Zeman che da me. Ma nessuno dei due ha precisato che il Galles arrivò ai quarti di finale e, nonostante l'assenza di John Charles, fece dannare l'anima al Brasile di Pelè che alla fine riuscì ad avere la meglio con uno striminzito 1-0.

il giorno in cui il mondo conobbe Pelè

Piccola divagazione sociologica: Ball don't lie.

Per chi ancora non ne fosse al corrente, la palla che fa battere il cuore dei gallesi non è rotonda, ma ovale. E, come ebbe a dire un paio di volte quel geniaccio incompreso di Rasheed Wallace, Ball don't lie. Potrei ora dedicare qualche riga alla spiegazione di questo concetto filosofico ma, dato che sono conscio dei miei limiti e persino un po' pigro, passo la linea all'avvocato Federico Buffa che, con il suo eloquio forbito e passionale, ci regala un po' di saggezza prendendola direttamente dal suo inesauribile sussidiario mentale di storia, geografia e studi sociali.

da 6:25 in poi, solo se avete fretta, viene svelato l'arcano

Come ha spiegato l'avvocato, secondo Mr. Wallace la palla, come un San Giovanni di fanciullesca memoria, non vuole inganni. Anche io, e ci mancherebbe altro, sto dalla stessa parte, ma qui il "che c'azzecca?" è d'obbligo. Se mi seguite un attimo ci arrivo. In questo caso la palla che non mente è l'ovale di cui sopra. Perchè diventa difficile, se non impossibile, cercare di creare una nuova generazione di football players se la tua squadra nazionale fa tendenzialmente cagare e contestualmente la nazionale di rugby, oltre che essere seguita più e meglio di una religione, fa bella figura quasi ovunque (3 Sei Nazioni vinti negli ultimi 6 anni). Il ragionamento vuol significare che se già sei svantaggiato da un punto di vista numerico nel trovare gente che voglia giocare a pallone, il Galles vanta poco più di tre milioni di abitanti, non hai nemmeno la possibilità (nonostante Gareth Bale) di provocare fascinazione sui ragazzini perchè i rugbisti vincono e tu, nazionale di calcio, non lo fai manco per il cazzo e, in più, fai anche delle figure da cioccolataio che nemmeno Luca Giurato. Per cui, oltre che essere parecchio scarso, il Galles del football si trova anche molto svantaggiato nel cercare nuove leve per il futuro.

Una divagazione nella divagazione: il 6 nazioni 2013 visto da Cardiff.

Succede che alla vigilia dell'ultimo Sei Nazioni di rugby il Galles non parte con i favori del pronostico. Anzi, a voler essere sinceri, è massacrato da stampa, addetti ai lavori e da Riccardo Cavani. Ma il tifoso gallese non ci sta e prepara l'assalto al torneo in questa maniera:

ma che figata è???

E la prima partita, persa malamente in casa contro l'Irlanda, permette ai tromboni malauguranti di suonare ancora più forte. Poi, perchè in queste storie c'è sempre un poi, qualcosa cambia. Francia, Italia e Scozia vengono macinate (più o meno faticosamente) dai dragoni gallesi e, alla vigilia dell'ultimo match contro l'odiata Inghilterra, il trofeo è a portata di mano. Ma ci sono da abbattere proprio gli inglesi, vincitori di tutte le quattro partite disputate fin lì e sulla via del Grande Slam, e la matematica, poichè non basta vincere ma servono anche un tot di punti di scarto (tipo sette o otto, ma qui vado a memoria e posso facilmente sbagliare). L'elettricità in città si sente fin dall'inzio della settimana e, quando arriva il fatidico sabato, ci sono centinaia di migliaia di persone ad affollare i pub e le piazze fin dalle prime ore della mattina. Io mi ci butto dentro come se fosse il mio habitat naturale e, dopo una qualche lattina trafugata a qualche ignaro anzianotto già riverso su una panchina, mi butto nel pub neozelandese per gustarmi Italia-Irlanda. Canto forte l'inno e capisco che gli irlandesi non vanno particolarmente a genio ai gallesi che, per grazia ricevuta, parteggiano chiaramente per me. Inizialmente non dò peso a questa specie di gemellaggio, ma quando la partita comincia a farsi fa dura e prendo ad insultare ogni irlandese che mi passa a tiro, l'aiuto dei supporter di casa si rivela non solo utile ma salvifico ed indispensabile. Fatto sta che vinciamo e, dopo un giro di jager-bomb offerto da un distinto signore che vanamente cercava di parlarmi in italiano, me ne esco e vado all'appuntamento con qualche collega di lavoro per gustarmi il big match. C'è gente dappertutto e sono tantissimi. Tutte le vie sono chiuse al traffico, ma oggi non è un problema di viabilità legato ai mezzi di locomozione. La gente si muove in gruppi di trenta/cinquanta persone. Sono tutti dipinti in viso e hanno tutti la maglietta del Galles. C'è un'elettricità pazzesca, ma è un'elettricità senza nervosismo, è positiva. Io mi muovo sicuro e veloce (o almeno io ricordo così) verso il pub dove ho la punta con i ragazzi. Non siamo distanti dal Millennium Stadium e, mentre sono fuori a fumarmi una sigaretta, sento distintamente l'inno cantato dai tifosi dentro lo stadio. E' un brivido forte, che mi divora dentro come avrebbe fatto da lì a poco la Ale autoprodotta del pub. I 15 in campo, trascinati da cotanto entusiasmo, radono al suolo l'Inghilterra con il più ampio scarto di sempre (30-3 il finale) e si portano a casa il Sei Nazioni modello 2013. Da qui in poi succede il finimondo. La sconsiderata quantità di gente di cui pontificavo sopra si riversa di nuovo in strada molto più felice e ubriaca di prima dando luogo ad uno spettacolo che definire incredibile è poco. E' semplicemente un delirio a cielo aperto dove tutti sono amici di tutti e spuntano beveraggi da ogni dove.

l'hai presa grossa eh Llewellyn?

Una divagazione nella divagazione della divagazione: Cartellino rosso.

In una qualche maniera e dopo un lasso di tempo che non riesco a quantificare, riesco a ricongiungermi con i miei colleghi che giustamente si pavoneggiano come se la partita l'avessero giocata loro. Decidiamo, dopo aver trascorso un altro inqualificabile lasso di tempo nella grande festa di piazza, di finire la serata al 'Revolution'. Per coloro i quali non fossero avvezzi alla movida di Cardiff, il 'Revolution' è il club più cool di tutta la capitale.

se c'è fila allora il posto è bello

Come consuetudine all'esterno del suddetto locale, c'è una chilometrica fila di ragazzi e ragazze vestiti poco e male a strappi nell'ubiquità. Grazie ad un amico di amici, riusciamo dunque a penetrare all'interno senza sborsare un pound e continuiamo nella nostra peregrinazione etilica. Abbiamo una grande idea di merda e ordiniamo una caraffa di whiskey and coke e ci impadroniamo della pista da ballo del piano sottostante. Pista che, grazie alla magnanimità di nostro signore, è ad un tiro di schioppo dalla zona fumatori. In ogni caso, dai e dai, ad una certa siamo sbronzi da radere. Chi mi conosce è al corrente che, dopo aver ingerito enough alcohol, ho la facoltà di trasmutarmi in un simpatico incrocio tra la pacatezza di Pierpaolo Capovilla e la stucchevole capacità relazionale di Antonio Cassano. Ho già passato le fasi "Roma capitale sei ripugnante non ti sopporto più" e "Se mi tocchi il cuore io te lo porto via", ma sto pericolosamente entrando in quella "Vita mia a noi due" che è solitamente accompagnata da gesti poco socievoli. Guardo all'interno del portafoglio e noto che mi rimangono giusti giusti i danari per un'ultima birra. Aspetto "pazientemente" in coda e riesco, dopo un altro lasso di tempo incalcolabile, ad avere una cazzutissima San Miguel da 66 cl. travasata in un bicchierone di plastica pulito come i pensieri di un pederasta. Qui vedo i ragazzi che, puntando al bersaglio grosso (leggasi schopare!), si muovono in direzione del piano di sopra. Non voglio rimanere solo per cui mi accodo a loro e giungo anche io nel dance floor al piano 1. Ed ecco accadere l'imponderabile. Da un divanetto si alza una ragazza che punta diritta verso di me. Mi mette al muro e comincia a limonarmi come se non ci dovesse essere un domani. In qualche modo riesco a mantenere la birra in equilibrio e, tra gli sguardi attoniti dei miei compagni di ventura, riesco a trasportare me, lei e la birra sul divanetto da cui ella proveniva. E su quel divanetto, dopo un altro limone da antologia del bacio alla francese, avviene il patatrac. Traduco il dialogo che è suguito nella maniera più fedele possibile, dandovi anche una legenda per comprendere meglio: S sta per Santu (ovvero io), G sta per girl (ovvero la ragazza), B sta per bouncer (ovvero il buttafuori del piano di sopra).
La guardo, lei mi guarda, io dò una bella sorsata alla San Miguel.
G:"Sai... Io avrei anche sete..."
S:"Ci sta. Ci sono un sacco di zone bar nel locale, non credo starai via molto. Comunque io ti aspetto qui."
G:"Beh non mi offri da bere?"
S:"Ho finito i soldi proprio un minuto fa."
G:"Beh allora potresti darmi un pò della tua birra."
S:"Non scherzare, dai."
Lei si appropinqua per prendere il bicchiere, ma io sono più svelto e me lo porto via. Poi, con un sorriso inequivocabile, le dico:"Se tocchi la mia birra ti ammazzo."
E' chiaramente uno scherzo ma lei se ne va offesissima in direzione del butta. Che la ascolta e viene verso di me.
B., prendendomi per un braccio:"Credo che sia il momento di uscire."
S."Scherzi?"
B."Per un cazzo. O te ne vai con le buone o con le cattive."
S."Posso almeno sapere il perchè?"
B."Hai detto a quella ragazza che l'avresti uccisa."
S."Mi stai prendendo in giro, vero? Secondo te potrei mai mettere le mani addosso ad una ragazza? Siamo seri dai."
Lui non sente ragioni e mi tira a lui. Sono sottobraccio al butta e vedo il ghigno di lei mentre sta per mettere le mani sulla mia San Miguel.
S."Ok me ne vado fuori, ma mi fai prendere il telefono che l'ho lasciato sul divanetto?"
B."Va bene. Fai in fretta."
Così volo verso di lei, prendo la mia birra, gliela rovescio addosso e, ridendo forte, le sillabo "O mia o di nessuno". Poi torno dal mio amico butta che, per mia enorme fortuna, non ha assistito all'ultima cassanata e mi accompagna all'uscita colpendomi solo un paio di volte a tradimento sulla schiena. Il mio problema è che per difendermi devo assolutamente comprarmi un Baresi.

Hosteria!!!

La litania di Paul: il rigore di Bodin.

Se Lucio Battisti fosse ancora vivo si chiederebbe di sicuro: Che anno è? Che giorno è? E io gli risponderei: era il diciassette di novembre del 1993. Siamo proprio a Cardiff e siamo dentro ad Arms Park, il campetto che temporalmente precede la costruzione del Millennium Stadium. Siamo pronti per tornare all'unica materia che seriamente ci attrae: il calcio giocato ed ai suoi aspetti meno celebrati. Come ci ha spiegato in maniera molto elegante Simoncino Zeman Ferrari nel post 'Nessuno che uligana', i mondiali del 1994 si svolsero negli Stati Uniti. E noi, adesso proprio adesso, stiamo seguendo l'ultima partita di qualificazioni del gruppo 4 della zona europea ai suddetti campionati mondiali. Si affrontano i padroni di casa del Galles e la Romania di Hagi, Dumitrescu, Petrescu e Raducioiu. Il gruppo 4 è intricato come un cubo di Rubik e, prima dell'ultima tornata, la classifica recita: Belgio 14 punti, Romania 13, Galles e Cecoslovacchia (che impressione scriverlo ancora tuttattaccato) 12. Proprio in quest'ultimo giro di giostra si affrontano Belgio-Cecoslovacchia e, appunto, Galles-Romania. Chi scrive i copioni della vita, alle volte, riesce nell'impresa di fare le cose talmente bene da farle sembrare finte. Belgio e Cecoslovacchia sfoderano un pareggio ad occhiali ed il Galles si trova così ad una vittoria dalla storica qualificazione al mondiale a stelle e strisce. Ma nonostante la spinta incessante del pubblico, accorso in massa sbattendosene le palle della pioggia e del vento (che qui sono talmente usuali da essere parte della città), i gallesi fanno la figura dei gatti di marmo per tutto il primo tempo. Come se non bastasse, un tiro non irresistibile di Gheorghe Hagi trasforma il portiere gallese Neville Southall nello scemo di serata e fa 0-1, risultato che chiuderà la prima metà.

il portierone Southall, un ciccio-panza notevole non c'è che dire

Tra prima e seconda frazione i gallesi si caricano e, forti anche delle individualità che possiedono (Ian Rush, Ryan Giggs, Gary Speed, Dean Saunders) si riversano in massa nella metà campo rumena sparando campanili in the box con britannico cipiglio. Sono quei momenti in cui non hai più nulla da pardere ma non vuoi arrenderti, perchè certi treni passano solo una volta nella vita. Sportiva e non, claro. Così, mentre il minuto numero 61 stava scappando via, una mischia furibonda in area rumena riaccendeva la fiammella della speranza. Punizione dalla tre-quarti battuta da Giggs e palla in area. Dopo tre colpi di testa assolutamente casuali e fortuiti il pallone arriva a Saunders nei pressi della linea di porta che lo inzacchera con una zampata. 1-1 e che l'assalto alla diligenza abbia inizio. Passano poco meno di sessanta secondi e un truffaldino Gary Speed si procura un rigorino tutt'altro che solare. E' un Galles che potrebbe dare vita al vecchio detto "From zero to hero" ed acchiappare per i capelli la tanto agognata qualificazione per i mondiali di calcio ammeregani. Sul dischetto, nel giubilo generale, si presentano Paul Bodin e la sua chioma bionda tanto anni '80. Bodin è calmo, d'altronde non ha ancora sbagliato un rigore in tutta la sua carriera. Vuole dare una grande gioia al suo popolo, ancor più grande se si pensa che il Galles sarebbe l'unica nazionale di sua maestà ad approdare nella ex colonia. Ed invece chi scrive i copioni di questa assurda vita decide che quello non è il momento dei dragoni.

Ball don't lie?!?

Ovviamente il morale dei rossi è fiaccato e i gialli di Romania godono di vaste praterie che gli permettono di siglare, a otto minuti dalla fine, il gol qualificazione e di bruciare le residue speranze gallesi. A declamare la sentenza è Florin Raducioiu. Ve lo ricordate? Quella pallida imitazione di attaccante che, in Italia, vestì le maglie di Bari, Verona, Milan e Brescia. Beh il buon Florin, vi butto lì questa curiosità, non è solo famoso per quest'importantissimo sigillo ma anche e soprattutto perchè è l'unico giocatore nella storia del calcio ad avere segnato nei 5 tornei più importanti d'Europa, ovvero Italia, Inghilterra, Spagna, Germania e Francia.

che bel pischelletto!

"Per cinque centimetri non siamo andati al mondiale" mi ha spesso ripetuto Paul. E poi dicono che le misure non contano...

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