PREBEN ELKJAER, IL SINDACO

Campionato Italiano, stagione 1984-1985.
Mentre l'Italia guarda incuriosita l'arrivo a Napoli di un campione proveniente da Barcellona, tal Diego Armando Maradona, nell'industrioso Veneto degli spritz arriva dalla squadra belga del Lokeren un centravanti straripante: Preben Elkjaer Larsen. Straripante sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista umano. Accanito fumatore e bevitore più che saltuario, ci mette un attimo a diventare l'idolo dei "butei" gialloblù. Preben è uno che non si risparmia, che dà tutto, che lotta come se ogni pallone che gli ronza intorno fosse l'ultimo.


"Elkjaer Sindaco!" è il grido che dopo poche partite comincia a riecheggiare all'interno del Bentegodi, perchè Preben è un delantero che sembra costruito per far godere le curve di tutto il mondo.
Alla guida di quella squadra che verrà ricordata come il Verona dei Miracoli, c'è un altro personaggio particolare: el Siòr Osvaldo Bagnoli from Bovisa. Un uomo tutto d'un pezzo che parla poco, urla ancora meno, ma che ha la stima del gruppo e l'autorevolezza necessaria per mantenere tutti coi piedi per terra. Nella rosa del Verona ci sono altri personaggi che, a modo loro, sono entrati nella storia del calcio nostrano e non: Garellik e le sue parate "a cazzo di cane", Nanu Galderisi il centravanti più basso che l'Europa ricordi, il terzino Briegel che, gettandosi continuamente all'attacco e segnando 9 goals nove,ha aperto la strada alla definizione di fluidificante difensivo oggi tanto cara ai soloni di questo sport, poi Pierino Fanna, Antonio Di Gennaro (che, a mio avviso, si è guadagnato un posto da opinionista a Sky solo grazie a quello scudetto) e i senatori della difesa Tricella e Ferroni.
Ma torniamo a Preben. 183 cm di potenza, istinto e (parole che se pronunciate in quegli anni avrebbero provocato un pelino di polemiche) lotta continua che portano in dote al Verona anche una Bundesliga e una Coppa di Germania vinte con il Colonia nel 1978.
Elkjaer non ingrana immediatamente segnando un solo gol nelle prime quattro partite, tra l'altro in trasferta sul campo dell'Ascoli di un certo Sor Carletto Mazzone.
Poi arriva il 14 ottobre 1984 e al "Bentegodi" si presenta la Juventus. La Vecchia Signora di Scirea, Tardelli, Zibì Boniek e Pablito Rossi.
In quel tempo le vittorie valevano due punti e il Verona di punti, dopo 4 partite, ne aveva sette. Vittorie in casa con Napoli (il Napoli di Maradona) e Udinese, vittoria esterna contro l'Ascoli e pareggio a San Siro contro l'Inter di Rumenigge.
Ma torniamo al 14 ottobre: Verona-Juventus.
Primo tempo soporifero con un leggero predominio dei padroni di casa, poi nel secondo tempo succede l'impensabile. Where the magic happens direbbero oltreoceano, ma io preferisco la teoria del "tuo" momento. La teoria del "tuo" momento prevede che quando una cosa deve riuscirti, ti riesce anche se tutto quello che c'è intorno a te vuole e desidera e si muove per far avvenire l'opposto.
La Juve del Trap viene castigata da Nanu Galderisi. Tutto normale si potrebbe pensare. Ma Nanu Galderisi segna di testa su cross di Pierino Fanna, un gol confezionato da due ex dal dente avvelenato. Galderisi, 168 cm, che segna di testa: quello è l'anno del Verona.
Ma il bello deve ancora arrivare. Venti minuti dopo, su un calcio di rinvio battuto da Tricella (e non dal portiere come accade quasi sempre), il pallone giunge a Preben poco oltre la linea di metà campo. Preben parte a testa bassa, punta Stefano Pioli che prova a stenderlo con l'unico risultato di far perdere al "Sindaco" la scarpa destra. Elkjaer sembra non accorgersene e continua la sua progressione vichinga verso l'area juventina, salta facile Favero e uccella Tacconi sul palo più lontano. 2-0.
La storia d'amore tra Verona e il vichingo dalla Marlboro facile comincia lì e non finisce più.
A fine anno il Verona sarà Tricolore e un nuovo sindaco verrà inserito nella cronistoria della città di Giulietta e Romeo.


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