A VOLTE SI VINCE, A VOLTE SI PERDE, A VOLTE PIOVE

Dedicato a Matteo Santunione e Riccardo Cavani.

È in un prato verde in fondo a qualche statale che si nasconde Modena, o per lo meno la città che, tra tutte le Modena possibili, scelgo io. 


Una collina di case del dopoguerra miscelate a distinte villette a schiera ed ecomostri denuclearizzati, una chiesa come ce ne sono altre mille, un castello in malora, un bar con appeso dentro uno sbiadito poster di una qualche gloria piccolo-locale e, naturalmente, la classica sagra estiva.

Fiere di inizio estate di mezzestate di ferragosto di fine estate; feste della birra, del vino, dei lamponi, dei mirtilli o dei trattori; sagre del sole, della luna, della campagna, del bosco o della crescenta; infine, immancabili, le ricorrenze dei Santi (Giovanni e Lorenzo su tutti) e un paio di feste della Madonna, giusto per fare pari patta con le quote rosa nella conta delle solennità religiose.
Fascino e mistica sconosciuti all'homo sapiens varietà cittadinus, quelli delle fiere di paese, dove per paese si intendono borghi che non superano i 418 abitanti, bestie da trogolo debitamente annotate.
Tanto per capirci: polente bollenti bellamente messe in tavola a dispetto dei 38 gradi l'aria ferma non una foglia che si muova e mica un filo di brezza; caraffe scarse di lambrusco scadente servito a temperatura ambiente; e mangiari unti ciunti tamugni, e de hoc satis, ad abudantiam e alla salute dei salutisti, che Dio li strafulmini tutti!


Insomma: una straordinaria raccolta di idee povere trasformate in benessere popolare e business collettivo: la miglior Modena possibile, a m'è d'avis, e, a pensarci bene, l'unica socialista mai realizzata.
Capita che nelle sagre duepuntozero, venga pure dedicato una spazio ad una grande pesca di beneficenza. E capita anche che io prenda un biglietto e la pescatrice mi premi con due almanacchi calcistici del '90 e del '92, ed un librone intitolato UNA STORIA IN GIALLOBLU, nome quantomai discutibile, considerata la copertina verde del tomo. 


 La giovane volontaria me li consegna con fare distratto e occhi bassi, quasi vergognandosi del risultato dell'estrazione o, che so, immaginando che sarei stato più contento se avessi vinto COSI' PARLO ZARATUSTRA o CRITICA ALLA RAGION PURA. Quel che la ragazza non sa è che dare a me un annuale di calcio -se retrodatato ancora meglio- è come portare un bambino alle giostre. Esco da questo mondo ed entro in una dimensione all'interno della quale è del tutto trascurabile che ci possa essere un futuro oltre domani, che ci siano incendi nei boschi e incidenti dappertutto, o che il prezzo della benzina sia vicino ai 2 euro.

Prendo l'almanacco del '92, con foto in copertina dei gemelli del gol, maglia blucerchiata della Samp d'oro, gusto vero e sapore autentico di un calcio toccato dalla grazia, ma ormai, purtroppo, in miseria se non proprio estinto. Lo guardo ammirato, lo leggo rapito, lo spulcio avidamente, rimango estasiato da tutti questi numeri, per me la sagra del San Qualcuno di turno è finita da mo', come avrebbe detto D'Annunzio: ME NE STRAFOTTO anche dei fuochi d'artificio. 

 
Che il cielo continui pure ad esplodere che tanto ho anche l'altro almanacco, quello del '90, in copertina la foto di quel maiale di Zenga, con tanto di catenina svulazzante al collo.

Del libro verde che parla del Modena invece -non me ne voglia quell'amorevole ragazzo che è Chicco Stanco- non me frega proprio un cazzo, non scendo a compromessi con una bistrattata squadra di provincia costantemente seppellita da mitragliate di debiti, da rifare ad ogni sessione di mercato, ed adatta solo a querimonia da bar di bassa risma. Lo regalerò a qualcuno o lo venderò su ebay, che, come è vero che la vita è troppo breve per bere vino cattivo, è troppo breve anche per dedicare cinqueminuticinque al Modena Football Club 1912.

Finiscono le feste di paese, finisce l'estate; scende la notte e il buio circonda le nostre vite. 


Ci si accorge dell'autunno quando ormai la bella stagione è già scappata con la refurtiva nel sacco, e accompagnati da piogge tristi e scure che neanche Blade Runner, assistiamo rassegnati all'arrivo prepotente dell'inverno.
Nelle notti da Novembre a Febbraio la seduzione è dormire e, a meno che queste stesse notti non spariscano una ad una in posto nuovo dell'Arci, o a meno che non si abbia la fortuna di poter fare all'amore anche quando fuori dice male, gli interminabili bui serali ben si prestano a serie TV, intere stagioni di Breaking Bad, amici che siano di cuscino, liquori forti che scaldino la pancia, e letture di libri impolverati, interrotti o dimenticati.


La mia professoressa di filosofia diceva che non esistono libri belli o libri brutti, ma che esistono momenti giusti o momenti sbagliati in cui leggerli. Aveva ragione. Lo stesso librone verde che l'estate appena trascorsa avrei defenestrato come un anarchico qualsiasi, ora m'intriga, sembra avere qualcosa da dire, qualcosa che prima non avevo sentito.

Lo apro e, nemmeno le dimensioni spazio-temporali si fossero allineate proprio in quell'istante, leggo -testuali parole- “dopo la Festa di San Giovanni iniziò l'estate, la stagione della grande calura, delle fiere di paese... Quell'anno il termometro arrivò a 38 gradi, con l'aria ferma, non una foglia che si muovesse e niente che fosse niente che accadesse”, e ancora:”degli incidenti e degli incendi nei boschi nemmeno valeva la pena incominciare a parlare”, e infine, a chiosa:“ancora si parlava del terremoto che aveva lasciato una grande impressione, la benzina era arrivata a 450 lire, i prezzi erano saliti alle stelle, chissà dove saremmo andati a finire... e poi, e poi finirono le olimpiadi, le vacanze, passò l'estate e restarono i discorsi di sempre, primo fra tutti il Modena, ancora in B, col bilancio dissestato, anche i se i tifosi non ne volevano sentire parlare, con millanta problemi, con la squadra da rifare”.
Punto, gioco, partita.

C'erano zero possibilità che trovassi il momento giusto per dedicare la mia attenzione ad un libro solo in apparenza sbagliato, eppure UNA STORIA IN GIALLOBLU di tale Giancarlo Silingardi aveva sbancato il banco alla prima giocata. Vale il detto:”Passare per un buco stretto”.
Facendo leva su inequivocabili richiami, riassaporavo i gusti della mia miglior Modena, quella delle sagre e del bel tempo, quella più pura del primo amore, quel place to be torrido e appartato al limitare della sua stessa provincia, in un prato verde in fondo a qualche statale.

Proseguo nella lettura e mi imbatto nei gol di un giocatore dal classico nome che riempie la bocca, proprio come piace a me: Roberto Bellinazzi, in arte BAFFOGOL. 


Descritto dall'autore del libro come:”Opportunista, rapinatore di gol, contrattacco dei migliori in circolazione, attaccante marpione”, realizzo di aver davanti la storia di un autentico bomber di razza, seppur della serie cadetta, ma comunque roba che un Pazzini di adesso probabilmente non gli passerebbe nemmeno vicino per spolverare.
Ma quel che più colpisce è che sembra direttamente uscito da un “Baffo Party”. Potrebbe tranquillamente sedersi a capotavola davanti ad un consesso di baffuti illustri, che so: Hulk Hogan, Lemmy dei Motorhead, i fratelli Luca e Alle D'Andrea, Walter White, Zorro, e Hitler (no, anzi, Hitler no, che a tavola nessuno parla tedesco) che non sfigurerebbe, anzi, direbbe a tutti come impugnare le posate.


Ma veniamo al Modena F.C. e -repetita iuvant sed scocciant- stiamo parlando di una squadra che, mentre cerca di darsi un qualsivoglia obiettivo stagionale (e recuperare quei due o tre punti canonici di penalizzazione che ha racimolato in seguito a qualche scandalo), vede gli altri club giocarsi mezzo campionato.
È un Modena che fa disperare ma è anche l'unico Modena a cui possono tenere i tifosi gialloblù, e a mia memoria, è stato sempre così e sarà così per sempre: a volte si vince, a volte si perde, a volte piove.

Il primo Modena di Bellinazzi è quello della stagione seventyfour-seventyfive, Serie C, quello del “a volte si vince”. Baffogol arriva a metà stagione, è il terminale offensivo di una squadra basata sul solido schema “pochi ciacri, bel zog”, e va in doppia cifra mettendo a referto 10 reti e trascinando i gialli in B.
Roberto da Caorle ha ventinove anni, è al culmine della sua carriera agonistica e nella serie cadetta segna svalangate di gol. Più volte hombre del partido, 13 marcature per lui, è protagonista assoluto di un'altra stagione del “a volte si vince”, in cui il Modena chiude sì, a mezza classifica, ma solo ad un pugno di punti dal paradiso.
Stagione '76/'77: “a volte piove”.
Già, perché il destino del Modena è un po' come il tempo, basta un niente perché si guasti. Da due annate che erano state tutto un carnevale di gol e risultati inaspettati si passa ad una stagione all'insegna della sofferenza, che i canarini strappano per i capelli, salvandosi all'ultima giornata con solo un punto di margine sulle cenerentole.
Il campionato era iniziato male, poche idee e confuse, era proseguito tra bassi, tanti, e alti, pochi, e, paradossalmente, s'era concluso in un clima di festaabestia popolare tra bandiere e clacsonate, giusto perché, vivaddio, s'era evitato il baratro della C (per la serie: questo è il calcio). Baffogol, accusato durante tre quarti di campionato di bulimia realizzativa, non aveva forse fatto vedere le streghe ai marcatori avversari, ma aveva comunque timbrato il cartellino tutte le feste che contavano, e aveva contribuito, un po' con la forza della disperazione, un po' perchè faceva tutt'altro mestiere rispetto ai quei pellegrini dei suoi compagni di banco, a tenere a galla il Modena con 11 gol-salvezza.
Ma l' “a volte si perde” è solo rimandato all'anno successivo.


Bomber Bellinazzi ce la mette tutta, va in rete dieci volte, ma non bastano per salvare i ragazzi. Il campionato del Modena è una compilation di figure di merda, un disastro via l'altro, un'annata di cui si spera solo di veder la fine, che culmina con la miseria di venti punti totali, e una sacrosanta, meritata e giusta retrocessione in Serie C.

Via tutti e dell'epurazione non è esule nemmeno Baffogol che se ne va nella squadra della città più sfigata di tutta la Toscana: Pistoia, che ormai non è più famosa nemmeno per lo Zoo.

Continuo a leggere il libro, ma privo del suo personaggio più folkloristico e con la prospettiva di un Modena allo sbando, costretto ad un'impervia ed interminabile risalita, lo abbandono.
Tuttavia resto incuriosito da Baffogol Bellinazzi e chiedo a Google, chiedo a Wikipedia, chiedo a mio padre, se avessi avuto un Iphone avrei chiesto anche a Siri, ma nessuno riesce a dirmi più di quel che già non sappia, cos'abbia fatto dopo, dove sia finito, se abbia compiuto qualche miracolo, se sia diventato un ubriacone o un panzone bontempone, se abbia ancora i baffi... Non potrò mai scrivere un articolo per il blog, Baffogol non comparirà mai tra gli 11 Illustri Sconosciuti, peccato.

Arrivano le Idi di Febbraio, comincia a nevicare e sembra non smettere più. Un amico mi chiede di uscire, di andare in pub, a Fiorano.  Entriamo ed il locale è stranamente pieno. Troviamo alcuni dei nostri e ci sediamo con loro, uno di questi lo chiamiamo Buso, ed è forse l'unica persona al mondo più logorroica di me.
“Allora, Zè, come va col blog dei calciatori, di chi parlerete la prossima volta?”
E rispondo:”Sai, Buso, mi piacerebbe molto parlare di un giocatore del Modena di qualche tempo fa, ma di cui non trovo alcuna informazione”.
Mi chiede come si chiama e gli rispondo:"Bellinazzi".
E al mio amico Buso si illuminano gli occhi e con entusiasmo replica:”BAFFOGOL?”
“Lo conosci?”
“Se lo conosco? È stato uno dei miei allenatori! Io e un mio amico, Gabbo, giocavano insieme per una delle tante squadre dilettantistiche che ha allenato qui in provincia. A me diceva di entrare, di fare un po' quel che mi pareva ma di non far passare nessuno. Mentre Gabbo lo schierava punta, e se non segnava, in venexian, gli urlava: diobono Gabbo, no te fa' mai gol! È andato avanti così fino a quando un sabato nella Bassa, contro la Mirandolese prima in classifica, non ha segnato il gol-partita, un gol di rapina, uno dei suoi...Ma come ti è venuto in mente?”

Storia lunga, Buso, molto meno interessante solo del fatto che mi ritrovi a parlarne con te proprio qui, e proprio ora, a t'al zur.

Non mi spiego cosa diavolo ci abbia trovato, il Bellinazzi, di tanto gradevole per rimanere qui ad allenare la berretti di una qualche squadra del comprensorio. Voglio dire: non s'è accorto del tremendo inverno emiliano, del buio avanti sera, delle ceramiche che sembrano petroliere spuntate tra la nebbia, delle campagne -quelle brulle e fangose- di novembre, degli orizzonti sbiaditi, delle case basse dai tetti rossi e dalle mille antenne? Insomma, non ha visto la vera Modena, la peggiore possibile? Cosa lo ha trattenuto qui? Le sagre estive forse? Le scampagnate amorose con tanto di plaid da monta? Sandrone e la Pulonia?

Si fa tardi e l'ora volge al disio, salutiamo gli amici, il vecchio Buso e le ragazze, e ce ne andiamo. Perdo lo sguardo fuori dal finestrino, e rimango stregato da questo paesaggio urbano ammantato di bianco. Strade innevate e deserte, senza limiti o confini, contornate da un cielo ossidato e perse in un silenzio surreale, interrotto solo dal rumore delle ruote che schiacciano la neve.
E che bello è stato aver fatto serata in un locale inspiegabilmente strapieno, con amici che hanno fatto da cuscino e liquori forti che hanno riscaldato alma y vida.
Rincaso con una sbronza fine, quella giusta per dormire da signore, e repentinamente cambio umore e idea. Già perché anche l'Emilia più paranoica può avere il suo porco fascino, e Modena può essere incantevole anche quando non è stagione di sagre, quando non è in modalità place to be, quando è attanagliata dal cattivo tempo e smarrita nel bel mezzo del progresso, tra simmetriche luci gialle e luoghi di concentrazione.


In fondo non è molto diversa dalla squadra che la rappresenta: a volte vince, a volte perde, a volte piove. È il suo bello: imprevedibile come ogni cosa che sia veramente viva, irresistibile come solo un amore sbagliato riesce ad essere.

Che cosa ci costa aspettare che spiova? 
Forse Baffogol ha pensato lo stesso e non ha avuto tutti i torti ad essere rimasto per allenare dei ragazzi 
Peccato solo che abbia avuto la sfiga di giocare per il Modena.

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