COCÓ, KALID E LA RABONA INCANTATA


Alla fine della mia carriera di pseudo-calciatore mi sono ritrovato a giocare part-time per il Team Fox, seconda squadra del ridente comune di Serramazzoni, nella collina modenese. Partito come portiere nei pulcini della Virtus Pavullese, diventai cecchino pressoché infallibile della stessa squadra (15-20 gol di media a stagione) fino ai sedici-diciassette anni. Poi qualcosa andò storto e la ragione, insieme alla voglia di allenarsi e di fare vita da atleta, se ne fuggì via lasciandomi in eredità una riottosità che ancora adesso difficilmente m'abbandona. Finita la trafila delle giovanili, passai un anno a Lama Mocogno, sotto la "dittatura" del compianto Franco Falanelli, per poi tornare a Pavullo sponda Frignano '74, la succursale dei "talenti" della Virtus Pavullese. Qui il primo anno retrocediamo in Terza categoria (l'ultima possibile nel regolamento della F.I.G.C.), ma il secondo conquistiamo una promozione esaltante, specialmente per la festa a bestia che venne dopo in quel di Milano Marittima, logica conseguenza di una cavalcata inarrestabile.


Da lì, facendomi bellamente plagiare dal mio amico Eddi Cavani, decisi di avvicinarmi a casa e di scendere nuovamente di categoria, facendomi cedere (per un caffè e un panino alle olive) all'ambizioso Team Fox.

nella foto Eddi Cavani (quello biondo sulla sinistra) abbracciato da Marco Landi 

Il particolare che ha sempre contraddistinto il Team Fox, a mio modesto modo di vedere, è sempre stato l'allenatore. Mister Cassanelli, torinista di ferro, era però uno juventino di mentalità: se vinciamo bravi noi, se perdiamo è colpa dell'arbitro. A questo aggiungete una naturale idiosincrasia ad allenare coerentemente una squadra ed uno spogliatoio esplosivo e vi sarà chiaro perchè il primo anno la promozione in Seconda categoria rimase solo una chimera. Il secondo anno, se possibile partì ancora peggio, ma un cambio di regolamento della Federazione a stagione in corso ci permise di cullare ambiziosi sogni di promozione. Infatti nel bel mezzo della navigazione a vista di metà novembre, mentre si oscillava tra il settimo e il decimo posto, venne deciso di aggiungere un posto-promozione conquistabile attraverso la conquista della Coppa Emilia di categoria. Ovvero: le seconde, terze, quarte, quinte, seste e migliore settima classificate dei tre gironi della terza categoria modenese avrebbero dato vita ad un torneo ad eliminazione diretta (con gare di sola andata in casa della peggio classificata) la cui vincente sarebbe salita di grado.
Il Team Fox si galvanizza, forte del pensiero che in una partita secca tutti possono vincere/perdere contro tutti. Perdemmo altre tre/quattro partite e, a febbraio, cominciammo quindi la rincorsa al sesto posto che distava otto lunghezze. Sostanzialmente dovevamo vincere tutte le ultime otto partite, ma sarebbe potuto anche non bastare. Potreste non crederci ma, a parte un pareggio ottenuto in casa contro la superpotenza Montefiorino, ne vincemmo 5 su 6 e ci trovammo, a due partite dal termine, ad un punto dal sesto posto.
Nota a margine: nelle cinque vittorie c'è l'esaltante "sacco di Formigine" in cui il Team Fox asfalta la ben più quotata PGS Smile a domicilio per 3-1. E' la partita resa famosa dalla gag della Beck's travasata dentro le borracce del club di Serramazzoni che dissetavano l'unico panchinaro della squadra che, per dovere di cronaca, entrerà nel corso della ripresa ribaltando la partita con un gol e un assist. Il fatto me lo ricordo bene, specialmente perché il panchinaro ero io. Una partita che ha esaudito tutte le mie preghiere calcistiche.


Ricapitolando. Penultima giornata, stadio di Serramazzoni: Team Fox vs Scappati di casa penultimi in classifica.
Prendiamo la partita sottogamba e, come è giusto che sia, non la sblocchiamo nemmeno con la matita. La cosa incredibile è che, invece di schiacciare gli avversari nella loro area, rischiamo di prendere gol più e più volte. Fatto sta che entro anche io, segnale inequivocabile che il tempo stava per finire (la mia autonomia non superava i venti minuti), ma non c'è verso di uscire dalla nostra trequarti. Poi, e me lo ricordo come se fosse ieri, gli avversari battono un corner malamente e noi partiamo in contropiede in chiara superiorità numerica. Qualcosa come 4 contro 2. C'è odore di colpaccio nell'aria primaverile di Serramazzoni.
Prima di arrivare al dunque, però, vi beccate una breve digressione un pò noiosa, ma fondamentale per questo post.
Mister Cassanelli aveva dato le chiavi della squadra ad un centrocampista marocchino di nome Kalid Ait.

grazie al certosino lavoro della strepitosa Sivia Bì, riusciamo ad intravedere il volto di Kalid

Kalid era ed, a quanto ne so, è un bravissimo ragazzo. L'ultima volta che l'ho incrociato stava finendo gli studi in ingegneria ed aveva grandi progetti per il futuro. Calcisticamente, però, nasceva e moriva stronzo. Nel senso che abbinava un'ottima tecnica individuale e un'esagerata forza fisica ad una totale incomprensione del giuoco del calcio. Aveva, insomma, il grandissimo dono di saper fare la cosa sbagliata nel momento peggiore possibile. Per questa sua dote di spicco, era il fiore all'occhiello di mister Cassanelli che, ovviamente, stravedeva per lui.
Torniamo ora alla partita sopra menzionata ed all'azione che potrebbe decidere un campionato intero. Siamo 4 contro 2, lanciati in un contropiede fulminante e il pallone arriva proprio a Kalid. Due cose rodono, da sempre, l'anima dell'uomo moderno: le menzogne e la troppa possibilità di scelta.


Dal bianco e nero del video ci spostiamo ora al bianco e nero dell'Ascoli calcio. Nell'annata di nostro-signore-del-pallone-bianco-a-pezze-nere 1977-78, la squadra marchigiana ammazza il campionato di serie B e risale nella massima serie. Per farvi un'idea la seconda arriva diciassette punti dopo, ovvero ad otto partite e mezzo. Un'enormità che mai più si sarebbe verificata, avvicinata solo in parte dal Palermo di Zampalesta e di Guidolin negli anni duemila.

l'Ascoli del 1977-78, ma quanti baffi c'erano in campo???

Sotto la guida di Mimmo Renna, i bianconeri distruggono gli avversari con il loro gioco spumeggiante e votato all'attacco. Viaggiano con una media rasente ai due gol a partita e mandano ben tre giocatori in doppia cifra: Claudio Ambu (17 goals), Giovanni Quadri (14) e Adelio Moro (13). Ma questo ci interessa il giusto. Il  gancio tra il titolo e la storia del Team Fox ha un nome, un cognome e un soprannome normalissimi: Giovanni Roccotelli detto 'Cocò'. In quell'Ascoli, e nelle altre squadre in cui ha militato, faceva l'ala destra e, come tutte le ali destre degne di rispetto, era un tipo un po' strano pieno di colpi di genio e di giornate storte che più storte non si può.
22 gennaio del '78, si gioca Ascoli-Modena: Roccotelli va sul fondo della fascia sinistra e, invece di crossare come tutti i cristiani dell'universo, si mette col piede sinistro a fare da appoggio ed il destro a roteare intorno allo stesso a ritroso in semi-circonferenza e mette il pallone dentro l'area colpendo la sfera con il collo del piede destro, quello preferito. Tutto questo in corsa e, tra l'altro, permettendo ad Ambu di siglare con un bel colpo di testa.
Siccome non so se mi sono spiegato, in soldoni Roccotelli la mette di 'rabona'.


Questo gesto lo rende immediatamente un personaggio e, anche se evidentemente non è lui l'inventore del suddetto gesto, gli dona una certa popolarità. Popolarità che aumenta esponenzialmente quando un certo Edson Arante do Nascimiento, speriamo solo omonimo del mago di Wanna Marchi, durante una sua visita in Italia si mise a disquisire di gesti tecnici con un qualche giornalista dell'epoca. Entrarono in argomento 'rabona' e il buon Pelè, riferendosi a Giovanni nostro, pontificò: "So che c’è un italiano bravo a fare le rabone, un tipo coi baffi, me ne hanno parlato". Ecco non so se avete presente cosa vogl dire essere citati da Pelè in ambito pallonaro. Direi che, nella scala gerarchica dei riconoscimenti, stia esattamente tra una dichiarazione di intenti esplicitamente sessuali in vostro favore di Scarlett Johansson e Mike McCready che dice di essersi ispirato a voi per l'assolo di Yellow Ledbetter.

"psst.. carino.. ti ho già fatto l'occhiolino.. tu venire più vicino.. vieni qua, vieni qua, vieni qua, fammi un pò di cha cha cha" cit. Vinicio Capossela

dice Max Carlos Codeluppi: "Senz'altro una delle più riuscite citazioni Hendrixiane, come intro e finale, del resto. Aspirando le note a colpi di Whammy, McCready rincorre alla perfezione il compagno di ventura Vedder"

Direi che ci siamo capiti.
Benedetto da Pelè in persona, Roccotelli, stuzzicato da qualche giornalista, decide di farsi chiamare col soprannome presente nel titolo. Niente di fondamentalmente importante, ma a me ha fatto molto ridere il motivo che lo spinse a scegliersi proprio 'Cocò' e non, che so, 'Giovannino coscia lunga'. Cito testualmente: "Quando ero giovane, tutti parlavano del Brasile di Didì, Vavà e Pelé. Un giorno non ce l’ho fatta più e ho detto: e allora a me chiamatemi Cocò. Didì, Vavà, Pelé e Cocò: bello, no?". Bello non lo so, divertente di sicuro caro Giovanni.
Il nome di Roccotelli circola sovente anche nelle redazioni dei giornali che contano e 'Cocò' diventa metro di paragone in una diatriba nata all'interno del Corriere della Sera. Un dì Zelio Zucchi, che all'epoca (a quanto mi risulta) era la prima firma del basket del quotidiano, si lamentò perché, a suo dire, la palla al cesto occupava poco spazio nella sezione sportiva. Sempre lamentosi 'sti cestisti eh! La risposta arrivò soave e cristallina da tal Guido Lajolo, cronista del settore calcio, "E piantala, un cross di Roccotelli vale più di tutto il campionato di pallacanestro".
Oramai tutti lo vogliono, tutti lo cercano meno che le squadre che contano, ma anche le squadre che contano meno non se lo filano manco per la minchia. E' la trasposizione calcistica della secolare storia della 'Bella di Torriglia' che tutti vogliono ma nessuno se la piglia. Così Roccotelli rimane ad Ascoli anche la stagione successiva e poi comincia ad essere sballottato in giro per l'Italia come un pacco postale senza l'indirizzo del mittente. Taranto, Cesena, Foggia, Nocerina, Casertana ed infine Torres si godono le 'rabone' e i volteggi dell'ala destra barese che, a carriera finita, metterà radici proprio in Sardegna aprendo una scuola calcio che dovrebbe esistere ancora adesso.

Giovanni Roccotelli, in una foto abbastanza recente

Il tempo, inesorabile come le prediche della tua promessa sposa, nel frattempo passa e la 'rabona' si impone come gesto tecnico sporadico ma bellissimo, geniale e probabilmente inutile. Maradona la usa come ciliegina per le sue torte napoletane, Roberto Baggio ne fa sfoggio a Milano sponda Inter, Aquilani la utilizza per far partire un contropiede fulminante che manda in gol Francesco Totti in un Milan-Roma di qualche anno addietro. In sudamerica i guaglioni si divertono ad utilizzarla per segnare e contribuiscono far travasare chili di bile ai portieri avversari, andando poi ad esultare come se non ci fosse un domani sotto le rispettive 'torcide'. E i commentatori perdono inevitabilmente voce, bronchioli e mesi di vita.
Ma, almeno in Italia, le luci le ha accese Giovanni 'Cocò' Roccotelli e nessuno le ha ancora spente. Tanto paga Pantalone, vero?

Ma ora ricolleghiamoci col campo principale. Il luminoso pomeriggio d'aprile serramazzonese che avevamo lasciato in sospeso un pò di righe or sono sta per terminare e, con la squadra di casa lanciata in contropiede, il pallone giunge a Kalid. Fate conto che vi sia un camera-car che vi porti esattamente ad avere la sua visuale. Siamo all'interno del cerchio di centrocampo, la palla è in mezzo ai suoi piedi e lo scenario che gli si presenta di fronte è il seguente: compagno di squadra largo alla sua destra, compagno di squadra largo alla sua sinistra, compagno di squadra (il Santu centravanti degli ultimi minuti) che gli viene incontro pronto ad un classico dai-e-vai. I due difensori avversari sono in merda più totale e non hanno ben chiaro come difendere. Insomma è una pratica agevole da sbrigare anche se siamo in Terza categoria.
Kalid ci pensa un attimo poi, usando il piede sinistro da perno, decide di eseguire una 'rabona' per lanciare il compagno alla sua sinistra. E' chiaro: se il passaggio riesce e si segna potrebbe diventare un eroe, riscattare le accuse di essere il 'cocco' dell'allenatore e guadagnare il tanto agognato rispetto dello spogliatoio. Il problema è che il passaggio non riesce e il pallone se ne uscì mestamente oltre la linea laterale figlio di una traiettoria che, indorando parecchio la pillola, definirò sbilenca.
La partita finì 0-0 e il matrimonio tra il Team Fox e la Coppa Emilia, quell'anno, naufragò prima ancora di cominciare.

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