CHI UN PO' DI PIU, CHI UN PO' DI MENO: TUTTI, TUTTI COMPLETAMENTE PAZZI - VOLUME 1

"Giuravo che avrei fatto il portiere, era l'unico a differenziarsi.
Pensavo che non fosse della squadra, era vestito meglio e stava fermo.
Quando sono fermo è perché ho qualcosa in mente."

(Sono=Sono - Bluvertigo)


Stavo scrivendo tutt'altro, poi, per facilitare l'ispirazione, ho messo su un po' di musica così da sfruttarne i testi, copincollare qualche bella parola direttamente nell'articolo da redarre (sempre perché come dice il Serrino di Spezzangels “Zeman è solo bravo a lanciare mode che qualcun altro ha già lanciato"). Tutto ad un tratto è cominciata la canzone di cui le lyrics sopra, per cui ho mollato "armi e ritagli" e mi son dedicato ai portieri, categoria che già trova diversi rappresentanti degni di attenzione all'interno della nostra corte: Trautmann, Duckadam Seba Rossi, Goicoechea... ma che ancora mi/ci permette di estrarre parecchi conigli dal cilindro delle sorprese, tale è ricco il calcio di autentici fenomeni da baraccone "relegati" inter palos.

Morgan diceva bene: il portiere è davvero l'unico a differenziarsi. Forse portieri si nasce, forse ci si diventa, forse si è costretti ad esserlo quando al campetto arriva il bullo del quartiere a intimare che:"tu giochi in porta perché fuori fai schifo al cazzo".
Eppure il portiere è un'altra entità, sembra davvero che non faccia parte della squadra, che viva in una dimensione tutta sua, da solo in mezzo a tutti.
Si potrebbe addirittura cercare un risvolto poetico e pensare, che ne so, che i portieri siano la metafora dell'uomo che sogna di volare, o che siano l'emblema della solitudine... fanculo! Per me il ruolo di portiere è forse l'ultimo porto franco rimasto nel mondo del calcio a garanzia della diversità umana. Molti portieri sembrano essere nati da madri disgraziate, altri sono irascibili, ad alcuni più che mancare un giovedì sembra che manchino delle intere settimane. Ma non finisce qui: ci sono portieri che andrebbero ricoverati in una clinica per malati di mente e altri andrebbero arrestati dalla buoncostume causa gli abbigliamenti di pessimo gusto (in quel senso Morgan aveva torto), insomma, sono tutti, chi un po' di più, chi un po' di meno: tutti, tutti completamente pazzi.


01. ED DE GOEIJ: IL MOSCHETTIERE SPENNACCHIATO


Eduardo Franciscus De Goeij Indossava una casacca a media via tra il pigiama di una morosa freddolosa e la tuta spaziale degli astronauti sovietici della MIR.
Lo sponsor AUTOGLASS peggiorava ulteriormente la situazione trasformandolo nel classico panzone scorreggione raccattato alla bene meglio per il torneo estivo del dopolavoro, il personaggio cui, tanto per capirci, ci si riferisce apostrofandolo con un:"Vabbè, bella grazia che venga a giocare con noi in porta. Ha una moglie orrenda, due figli sfigati, un lavoro di merda. Ed è pure senza amici: almeno non prendiamolo per il culo".

A qualsiasi età dimostrava 45 anni, e non fosse per la calvizie incipiente, pareva che per lui il tempo non si misurasse per somma di primavere ma per diminuzione di capelli.
Brutto come solo un moschettiere spennacchiato potrebbe essere, mi son sentito costretto a parlarne esclusivamente perché ho impiegato una serata intera per ricordarmi della sua faccia da bombolone, e almeno una mezzora lavorativa per formulare una chiave di ricerca attraverso cui Google mi portasse da lui. L'ho individuato con i tags "PORTIERE OLANDESE CHELSEA" e, sospirando un bel "Cul, aiutém", alla quinta pagina dei risultati della ricerca è infine apparso in tutta la sua bellezza e, oltretutto, sotto il nome DE GOEY, grammaticalmente inglesizzato, giusto perché in Gran Bretagna non sanno parlare/scrivere in nessun'altra lingua se non la loro.

Solo in un secondo momento mi sono ricordato che il brillante e bellissimo coautore del blog ne aveva già accennato in uno straordinario articolo di qualche mese fa intitolato IL TORO DI SORA E UNA FAVOLA AMARA ove lo definiva come "The Moustache Goalkeeper", questo a ulteriore riprova che gli 11 Illustri Sconosciuti stanno diventando un'enciclopedia di casi umani pedatori.
Se cercate un calciatore idiota, tranquilli noi ne abbiamo parlato.

Bandiera dello Sparta Rotterdam prima, del Chelsea poi, e dell'Olanda sempre, detiene un primato curioso, quello di essere il giocatore ad aver disputato il maggior numero di partite della "fu" Coppa delle Coppe. 


02. SANTIAGO CANIZARES: IL REPLICANTE


Così biondo da sembrare albino, è sempre risultato un personaggio pittoresco.
Non sapremo mai se in verità non fosse Roy Batty, il replicante di Blade Runner, quello che tanto per intenderci ha visto cose che noi umani... blablabla, sua battuta più famosa quando la migliore è quella che gli rivolge il padre artificiale:"La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti, Roy". Poesia, pura poesia al minuto 2' e 22''


Santi Canizares cresce nel Madrid sponda regale, per poi trasferirsi nel Valencia mirabolante dei Gaizka Mendieta (altro bel gallo), Francisco Farinos, Kily Gonzales, Migel Angel Angulo e David Albelda (attuale Capitano).
Entra con pieno merito nell'epopea d'oro del Valencia Club de Fùtbol grazie alla conquista di due campionati, una Copa del Rey, una Supercoppa di Lega, una Coppa Uefa ed una Supercoppa Europea, e al raggiungimento di due finali di Champions League, entrambe perse, la prima contro il Madrid, la seconda contro il Bayern di Monaco.
Diventa idolo del Mestalla grazie alle sue parate e al look carnevalesco, ma assurge al ruolo di fenomeno vero e idolo delle masse solamente qualche anno dopo il ritiro dal calcio, decidendo di postare con superba cavalleria e senza alcun consenso coniugale la foto della moglie nuda sotto la doccia, che in un amen fa il giro della rete e permette al grande Santiago di aumentare il numero di followers su twitter all around the world. Quella che si dice una "decisione salomonica". ESTICAZZI!


03. CLAUDIO GARELLA: IL PORTIERE SENZA MANI

Claudio Garella, portiere da non imitare a livello tecnico, ma dall'istinto fuori dal comune, si meritò (onore/onere spettante a pochissimi) una battuta dell'Avvocato Agnelli:"Garella è il più forte portiere del mondo. Senza mani, però".
 

Garellik, perché così venne presto ribattezzato dalla stampa di Verona, alternava parate miracolose (di panza, di chiappe, a talloni uniti, qualche ben informato azzarda pure un "di roveja") alle cosiddette garellate, ossia sontuose papere destinate agli almanacchi di Mai dire gol.
Proprio nella città scaligera vince uno scudetto (di cui Santu parlò nel primo articolo di questo blog PREBEN ELKJAER, IL SINDACO) e "Il Pibe de Oro" lo raccomanda ad uno scettico Ferlaino affinché lo porti a Napoli.La scelta si rivela azzeccata, gli azzurri vincono il tricolore e Garella diventa l'uomo delle prime volte (sia per Napoli che per Verona si trattava infatti del primo scudetto), contribuendo a scatenare quel furore napoletan-popolare post-scudetto di cui ancora oggi ne paghiamo pesanti strascichi.


Ecco qui Robert Baratheon impegnato a cantare un pezzo degli Squallor, con tanto di dedica napulecchia, direttamente da King's Landing.


04. TONY ARENA - MAI ESISTITO


Mai esistito: Tony Arena non è mai esistito.
È un po' come i famigerati gemelli Bussoli del Tassoni di fine anni ‘90: ce n’erano solo due. Il terzo, Carlo Bussoli, non era mai esistito. Tony Arena è esistito solo nella mia testa, grazie ad una mistura tra Tony Meola e Bruce Arena. Purtroppo però non appartiene a nessun immaginario condiviso.
Entrambi italo-ammerregani, sono accomunati dall'aver fatto parte della nazionale di calcio statunitense degli anni '90, il primo in veste (da un punto di vista meramente estetico molto più che discutibile) di portierone, il secondo in qualità di allenatore.
Beh, ai Mondiali di USA 94 il paisà Meola attira l'attenzione di pubblico e media, e questo per sua orribile coda da Narcos e qualche parata scanzonata. Evidentemente però il calcio americano non paga le bollette, per cui Tony decide di mandare tutti affanculo e dedicarsi al ruolo di placekicker, in buona sostanza sceglie di diventare quel poverocristo che, in una disciplina sportiva in cui si gioca con le mani (il football nell'accezione statunitense), lui è l'unico a poter/dovere calciare il pallone. Curioso principio fisico di reazione uguale e contraria applicato allo sport.

Lo zingaro Milutinovic, CT della nazionale (la cui storia sperò andrà prossimamente in onda su questi teleschermi), si incazza a bestia e lo fa fuori dal giro sperando rinsavisca e torni a difendere i pali dello Zio Tom.
La cosa avviene ma ormai Friedel e Keller gli hanno fatto le scarpe, o meglio: i guanti, e Meola, per dirla con Inu "s'abbecca".


Mi piace pensare che abbia seguito le orme di un Tony Ciccione qualsiasi o viva al confine col Messico conducendo un’esistenza all’insegna di feste matte e meth insieme a Tuco Salamanca. Come phisyque du rolle ci siamo in entrambe le casistiche: un cicciobomba cannonniere sol y sangre, sexo y sur.



05. DAVID SEAMAN – THE STUPID ONE


 Se avesse avuto il volto un po' più scavato, se fumasse sigari, e se parlasse in spagnolo lo prenderei per Machete.
Di lui, senza scartabellare Wikipedia, ricordo due cose.
La prima è che ha avuto l'enorme culo di aver giocato per un Arsenal leggendario, quello di cui, se mi impegno, so mandare la formazione a memoria neanche fosse il Padre Nostro o, se non altro, elencarne undici che possono essere scesi in campo insieme.Seaman, Dixon, Adams, Keown, (mi manca il terzino sinistro, orcatroia), Parlour, Vieira, Pires, Lijungberg, Bergkamp ed Henry. 


Considerando che David -come portiere- era triste come una canzone di Ivan Graziani, vien davvero da chiedersi cosa c'azzeccasse lui negli enciclopedici Gunners di inizio secolo.
La seconda è la gatta che lo ha reso famoso, MIAO! Roba che se ci fosse stato l’uomo spogliatoio migliore di sempre (Enriguez Bolognesi) si sarebbe sentito echeggiare un urlo anche a distanze chilometriche.”BROT ZUGADOR!” 
Correva l'anno 1995 e a Parigi si giocava la finale di Coppa delle Coppe: Arsenal-Real Saragozza (se siete interessati a sapere su chi e come gli inglesi l'avevano spuntata in semifinale, chiedete al Pippo Franco di Riccò ora d'istanza a Cardiff).
Col risultato inchiodato sul 1 a 1 alla fine dei tempi regolari, si va ai supplementari e fino al 120' la conta delle reti non cambia, poi tale Nayim -con un lob da metà campo indirizzato là dove si sarebbero interrotti i sogni dei londinesi- stabilisce che è giunta l'ora per Seaman di entrare nella storia ma dalla parte meno gloriosa per non dire "più di merda".

Mi son piaciute molto le parole lette sullo status di un amico (Lorenzo Mordini) che tifa Bologna (ognuno sceglie di morire come meglio crede) a proposito del portiere Agliardi, che prendo in prestito per definire quello screanzato di Seaman:”come un adolescente in delirio ormonale, quando esce non si sa dove va, cosa fa e quando torna”. 


La cosa divertente è che sette anni dopo, nel corso dei Mondiali in Corea, si verificherà un episodio simile con Seaman che andrà in oca una seconda volta.
Per la cronaca, il terzino sinistro dei Gunners di cui non ricordavo il nome era Winterburn, Nigel Winterburn.


06. JOSÈ LUIS CHILAVERT – CON LA CABEZA EN ALTO

La storia di Chilavert è straordinaria, meriterebbe una puntata "dedicata" (come direbbe Baiso col suo gergo informatico).


Del Chila si potrebbero infatti scrivere un mucchio di saggi stucchevoli, un po' come hanno fatto tutti quelli che ne hanno parlato sulla rete, riferendosi in special modo a Paraguay-Francia del 1998 perché sì, fondamentalmente non si poteva, né si può, fare altrimenti.
Come idea: chi vince va ai quarti del Mondiale, e credo siate tutti d'accordo nel riconoscere che per il Paraguay di Gamarra e Chilavert sarebbe stato un traguardo di inenarrabile valore. Dopo una partita non proprio da "both ends" ma di totale assedio transalpino, al 114° Laurent Blanc firma il primo golden goal della storia: buonanotte a tutti, e la favola della nazione più sfigata di tutto il Sud America finisce sul più bello.


Chila però, LIDER VERDADERO, sa che l'orgoglio nazionale non è pezza da rispolverare solo quando si finisce in gloria and the night is on fire, e sa pure che al termine di una partita così (da pueblo unido jamàs serà vencido), non bisogna spiegare niente a nessuno se non le braccia ai compagni, ed uscire dal campo con la cabeza en alto.
Al di là della colonna sonora di Santana che fa tanto divanetto soft porno e che mi ricorda un casino il mio amico Fonzo (detto anche IL COSTRUTTORE DI BARE), fa strano vedere i francesi -notoriamente figli di puttana e poco avvezzi a gesti signorili- tributare l'onore delle armi a chi ha cantato e portato la croce con così tanta classe calcistica e siffatto spessore umano.

Ciò detto, a me piace ricordare El Chila anche per altri due ineressanti episodi.

1) Lo screzio con Roberto Carlos durante una pochissimo amichevole "Brasile-Paraguay".
In quell'occasione il portierone sputò in faccia al terzino verdeoro, reo di averlo apostrofato con complimenti antisportivi e soprattutto razzisti.
Se siete ignoranti anche solo la metà di me (e sarebbe già troppo, ve lo assicuro), vi potreste chiedere verso chi possa essere razzista un nero che non gioca in una squadra NBA, specie se brasiliano, terra meticciata dalla nazionale storicamente multicolor.
La risposta esatta è :"Verso quelli che sono diversi sia dai bianchi che dai neri, ossia gli Indios", razza cui però si sentiva fiero di appartenere Chilavert, non proprio un damerino, anzi, piuttosto uno che era stato all’inferno so quante volte ed era tornato indietro perché neanche lì l'ambiente gli era parso così eccitante.
Altro che Totti con Poulsen, giovani teste calde che seguite questo blog, pigliate a esempio, osservate la giustizia ecumenica del gesto e la calma olimpica con cui prende e se ne va. Come dissero di Petronio: Arbiter Elegantiae.


E arriviamo così al punto 2) Il Nostro, essendo così attaccato alle proprie radici, e forte del carisma che sapeva esercitare nei confronti della sua gente, s'era più volte inimicato il governo militare del Paraguay, che da anni osteggiava indios, nativi, bastardi vari e napoletani. Ragion per cui, non potendo i gerarchi del posto cucirgli addosso un vestito di legno perché non sarebbe stato ritenuto democratico, s'adoperarono per farlo fuori dal giro della Nazionale, fino a che non si sedette sulla panchina rosso bianco blu una vecchia conoscenza del calcio italiano, quel volpone di Cesare Maldini, il quale, in barba a diktat vari, lo convocò per i Mondiali del 2002 in Corea e gli ridiede gradi, borsa, guanti e scarpini.

Ora entriamo nel terreno dei miei ricordi, per cui quanto segue potrebbe bellamente essere una serie di puttanate invereconde. Quel Paraguay giocava di merda, e fin qua ok. Sta di fatto che arrivò agli ottavi passando per un buco strettissimo, per poi essere rispedito a casa dai tedeschi che, tanto per cambiare, sarebbero poi arrivati in finale. 
Se la memoria non mi inganna, ai tempi penso di aver letto che a Chilavert non fregava proprio una benemerita minchia d'esser lì per grazia ricevuta (chissà da chi, poi?) e/o per intercessione di Cesarotto Maldini, e nemmeno gli piaceva come l'italiano mettesse in campo gli undici. Per cui, al grido di “Sic semper tyrannis” si autoproclamò Jefe de l'equipo, cominciò a comunicare in dialetto guaranì coi compagni (buona parte mezzosangue indios o comunque in grado di comprenderlo) e mise all'angolo l'allenatore triestino. Se c'è una cosa che amo pazzamente, sono gli ammutinamenti e le rivoluzioni silenziose. J'adore. 

Ah, e poi giusto, Chilavert batteva anche le punzioni di sinistro, delle belle sassate che da casa di Dio venivano recapitate direttamente in fondo alle rete. Ma questo ci servirà per introdurre un altro eroe dei tempi andati, altrettanto bravo nei medesimi fondamentali da giocatore di movimento.


CONTINUA….

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