SAI CHI TI SALUTA UN CASINO?


Riflettevo sul fatto che mai mi sarei aspettato, vivendo in una delle capitali del Regno Unito (Cardiff, ndr), che il rock'n'roll fosse morto e sepolto. Bighellonando tra pub, clubs, presunte discoteche ed affermati night-clubs mi struggo un pò perché la dubstep mi fa sostanzialmente cagare e di Rihanna ne ho le scatole piene dai tempi di 'Pon de replay', uscito nell'anno del signore 2005. Nei miei sogni più sfrenati mi immaginavo impezzarmi tra una pinta e un'altra e un'altra ancora con giovani e meno giovani a proposito di Clash, Zeppelin, Blur e quant'altro. E invece mi trovo catapultato in scorrerie notturne i cui unici comuni denominatori sono ragazze stratosbronze che camminano scalze con le scarpe col tacco in mano e un cinquantenne pelato, anch'egli sotto l'effetto inebriante di un centinaio di pinte, che infesta il centro della città (dopo le 2 a.m. lo potete trovare in ogni vicolo, ha il dono dell'ubiquità) suonando sempre e solo Wonderwall degli Oasis. La cosa divertente è che ad ogni esecuzione cambia la combriccola che si "accalca" attorno a lui, facendogli presumibilmente dimenticare che sta suonando lo stesso pezzo da almeno due ore. Praticamente una versione maschile di Drew Barrymore in "50 volte il primo bacio", che però perde la memoria ogni 4 minuti e 18 secondi invece che ogni notte.


Quindi di base rientro a casa sempre un pò spaesato e, prima di addormentarmi, scelgo con cura un album che mi rifocilli l'anima prima di tutto. Vedendo riflessa allo specchio la mia maglietta che ritrae Joe Strummer distruggere una chitarra**, gentile presente di Paolo Gianaroli in ricordo di un suo viaggio a Londra, stasera non ho dubbi. Via di 'London Calling' e buonanotte ai suonatori.


Fa sorridere o forse fa solo nostalgia nostalgia canaglia pensare che qualcosa del 1979 possa ancora avere una valenza così pesante nella mia cultura (io che del 1979 sono nato postumo) e nella vita di tanti in genere. Così parto di viaggioni e fantastico su quell'anno lì. Tra un trip e l'altro mi ricordo di un aneddoto letto chissà dove e forse nemmeno verificato: la neve nel deserto. Immediatamente penso 'forse è solo suggestione o paura di chissà che', poi decido di andare in cerca di certezze o smentite sul web. E le sinapsi saltano che è un piacere.
Per cui, tornando a bomba, nel 1979 succedono cose esilaranti. E una, inspiegabilmente, me la ricordavo: il 18 febbraio nevica, per trenta minuti, nel deserto del Sahara. Ora, siccome so che non vi fidate, vi concedo i cinque minuti canonici per controllare se quella che ho appena scritto è una minchiata o la verità. E nel frattempo metto un pezzo a tema.


Avendo appurato che non scrivo fesserie, vi dico che nello stesso periodo in Italia prendeva vita il quinto governo Andreotti che regalava soddisfazioni soprattutto a gente dalla lupara facile. E', giuridicamente parlando, il penultimo anno in cui Andreotti è associato a Cosa Nostra. Reato che è andato prescritto, ovvero che è stato commesso ma sul quale non si può procedere poiché i termini giuridici per procedere sono scaduti. Per ulteriori informazioni chiedere a Mino Pecorelli, freddato proprio nel giorno dell'insediamento del suddetto esecutivo. Nel frattempo all'opposizione i socialisti facevano il diavolo a quattro con un certo Fabrizio Cicchitto in prima linea. Se non conoscete le storie di Mino Pecorelli e Fabrizio Cicchitto, consiglio un breve salto su wikipedia per capire meglio certe dinamiche tutte italiane. E già che ci siete consiglio la visione de "Il Divo" mirabolante film di Paolo Sorrentino (più presente in questo presunto blog calcistico che in qualsiasi altro blog di settore) sulla spettacolare vita del buon Giulio nostro.


In quel 1979, per un altro simpatico gioco del destino, prendeva il potere in Inghilterra Margaret 'The Iron Lady' Thatcher e veniva trovato senza vita in quel di New York il corpo di Sid Vicious. Che se ci si pensa un attimo è una coincidenza più allucinante della neve nel Sahara. Ma meno allucinante dell'omicidio di un giornalista che aveva osato sputtanare la Democrazia Cristiana nella persona del suo esponente più conosciuto. Da qui potrei partire con una sbabbelata intensa ed accorata, andando a rivangare avvenimenti, casi strani, compagnie vergognose che hanno caratterizzato l'Italia fino all'esplosione di 'Mani Pulite'. Ma un pò perché non voglio perdermi in strali senza alcun significato calcistico e un pò perché Travaglio (come l'Alice di Scorsese) non abita più qui, rientro in topic e vi faccio presente che il 23 marzo dello stesso anno di cui pontificato sopra (1979) nasce il protagonista dei questa buffa buffa storia. A Douala, profondo sud ovest di quella terra benedetta dagli dei del pallone e non solo chiamata Camerun, nasce Pierre Nlend Womé. Qualcuno lo conosce di sicuro, forse Lupo (al secolo Matteo Landi) o Denny (al secolo Marco Landi) addirittura di persona.

lo sguardo di chi ne ha viste tante, la fissità di chi ha capito poco

Pierre Womé gioca come terzino sinistro sin dai tempi dell'asilo e sbarca in Italia poco più che sedicenne (o almeno così recitava il retro di una carta di caramella che fungeva da passaporto) nel 1996. Approda al Vicenza delle meraviglie, quello della Coppa Italia, di Guidolin e di Pasquale Luiso, ma gioca poco. Solo tre partite che gli fanno prendere in considrazione l'idea di fare un pò di gavetta nelle serie inferiori. Così, nella stagione successiva, Pierre, inspiegabilmente già da mò nel giro della nazionale maggiore del suo paese, si accasa a Lucca dove conquista una tranquilla salvezza nella serie cadetta. Non ci sarebbe nulla di eccezionale, senonchè per i mondiali che si disputano in Francia proprio quell'estate Pierre (che giovi ricordarlo è titolare in una bassa squadra della serie B italiana) oltre ad essere convocato è anche titolare sostanzialmente inamovibile. Ovviamente le sue quotazioni salgono e c'è una specie gara al rialzo per averlo. Franco Sensi alza la voce e, visto che la prima gallina che canta fa sempre l'uovo, la Roma rimane abbagliata, se l'accatta e lo mette a disposizione di Zdenek Zeman. A Roma, nella stagione 1998-1999, gioca 8 partite 8 lasciando sempre il segno. Solo che è il segno - (meno). Una per tutte: 29 novembre 1998, derby Lazio-Roma. La partita finisce 3-3 con il buon Pierre che procura, con una dabbenaggine da seconda categoria, il rigore del momentaneo 3-1 per i biancocelesti travolgendo Salas (che poi lo trasformerà) in area come l'uragano Sandy ha travolto New York. Ci penseranno poi Eusebio di Francesco ed 'Er Pupone' a rimettere i giallorossi in carreggiata e ad evitare a Wome una solenne contestazione. Ovviamente in estate il nostro cambia aria e si trasferisce a Bologna. Qui rimane tre stagioni vivendo tutta l'epopea di Francesco Guidolin, culminata nella stagione 2001-2002 con l'accesso alla Champions League sfumato solo all'ultima giornata; tra l'altro per mano del Brescia dei grandi ex Carlo Mazzone e Roberto Baggio che grazie a quei tre punti si salvò per il rotto della cuffia. C'è da dire che al termine della prima stagione rossoblù, estate del 2000, il Camerun vince la medaglia d'oro alle olimpiadi organizzate a Sidney battendo in semifinale il Brasile di Ronaldinho e in finale la Spagna dei futuri campioni di tutto ai calci di rigore. Guardate un pò chi, dopo Patrick M'Boma e Samuel Eto'o, calcia quello decisivo...


Ma la storia ci insegna che chi di rigore ferisce di rigore perisce...
Così Wome dopo Bologna, fa una capatina in Inghilterra (Londra, sponda Fulham) e Spagna (Barcellona, sponda Espanyol) senza lasciare tracce considerevoli per poi tornare nella stagione 2004-2005 in Italia. Il ragazzo di Douala si accasa al Brescia, ma è un Brescia orfano di Baggio in cui il presidente Corioni decide, a stagione in corso, di puntare su Alberto Cavasin per salvarsi. Ovviamente le cose vanno male, conoscendo Cavasin non poteva andare diversamente, e le rondinelle retrocedono nonostante le sedici presenze e le tre reti di Wome. Chi mai vorrebbe un terzino poco impiegato in una squadra appena retrocessa? Risposta semplicissima: l'F.C. Internazionale di Milano. Incredibile ma vero, Pierre Womé si accasa nella squadra del biscione e partecipa marginalmente alla conquista del quattordicesimo scudetto nerazzurro; quello che, dai più, è conosciuto come "lo scudetto di cartone". Partecipa marginalmente perché il più delle volte Roberto Mancini gli preferisce Favalli, ma quando gioca Pierre è sempre in grado di farsi valere e di dare il suo contributo. Chiedete a David Balleri, per esempio.


Ma, dicevo prima, che 11 metri sono troppo pochi per separare la gloria dal fallimento. Ma non saranno mai abbastanza per Pierre Womé.
Siamo in autunno, l'anno è il 2005, il mese è ottobre e il giorno è l'8, un sabato a volerla dire tutta. Si gioca l'ultima giornata delle qualificazioni africane per la Coppa del Mondo che si sarebbe svolta l'estate successiva in Germania. Il Camerun ha appena colmato il gap con la Costa d'Avorio, unica avversaria frapposta fra i 'leoni indomabili' e l'evento in terra crucca, andando a vincere 3-2 proprio a casa dei diretti rivali. Ora serve una vittoria interna contro il mai irresistibile Egitto e il gioco sarebbe fatto. Il Camerun sblocca dopo appena 20' e si mette a gestire la gara. Se c'è una cosa che il calcio ci ha insegnato è che gli africani non sono mai stati i primi della classe nella gestione di situazioni apparentemente semplici. Così, a forza di rinculare, i verdi di Yaoundè beccano il pareggio a 11 minuti dal termine. Tutto da rifare, Germania più lontana e disperazione che trasuda dalle magliette dei ragazzi del Camerun. Ma arrendersi è una parola che nel vocabolario nero non esiste, per cui tutti in avanti nella speranza che qualcosa succeda. E qualcosa, al quinto ed ultimo minuto di recupero, succede. Calcio di rigore in favore dei padroni di casa. L'equazione è presto fatta: Gol=mondiale ; non gol=stare a casa. Sul dischetto si presenta il più blasonato dei camerunensi, Samuel Eto'o, pronto a far esplodere la festa. Ma, ad un certo punto/ad un punto certo, arriva Pierre Womé. Forse per fare lo 'sborone' o forse perchè ci credeva davvero, parlotta con Samuel e gli sottrae il pallone. Lo vuol tirare lui. "Avevo già sistemato il pallone e stavo per batterlo io quel rigore - confessò l'allora attaccante del Barcellona - ma Wome è venuto lì e mi ha detto che si sentiva sicuro di segnarlo."
Come mi diceva spesso mio nonno, la sicurezza e la sventura si seguono come il lampo e il tuono, per cui il rigore della vita non entra ma va a sbattere sulla base del palo. Camerun a casa e Costa d'Avorio in Germania.


C'è da dire che i tifosi del Camerun la prendono in ridere e dimostrano di non essere rancorosi nè vendicativi. Così i ragazzi seguono Pierre fino a casa dei suoi genitori e, appena si accorgono di essere un numero corposo, decidono di entrare per spiegare a Womé e alla sua famiglia come la vedono. La famiglia riesce a fuggire appena prima dell'inzio del saccheggio e della distruzione. "Si fermeranno qui" pensano, illusi, i componenti della famiglia Womé. Ma non è così. Infatti nella notte di Yaoundè comincia un rastrellamento strada per strada, casa per casa per trovare 'l'oggetto del desiderio' camerunense. Non si salva nessuno. La macchina di Wome viene ridotta peggio di una canzone di Gaber coverizzata da Marco Mengoni, il negozio della sua fidanzata conosce la furia distruttrice del fuoco e di una folla inferocita, tutto ciò che ha a che fare con lui viene arso e distrutto. Per scamparla, il nostro, viene piazzato nottetempo, come in una favolosa storia di spionaggio, su un volo che lo avrebbe riportato in Europa e che, a posteriori, gli ha decisamente salvato la pelle.

'na roba così, tipo

Per il solito gioco del destino Pierre passa gli ultimi anni della sua carriera in Germania (proprio nel paese ospitante del mondiale mancato dal Camerun a causa sua) tra Werder Brema e Colonia non segnalandosi per particolari errori o gesti d'eroismo.
La sua eredità rimane comunque unica ed indivisibile: da quell'otto di ottobre la famosa frase "Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore" assume contorni molto meno rassicuranti. Ora tutti i Nino del mondo, quando vanno sul dischetto, un pò di paura ce l'hanno. E tutto questo grazie a Pierre Womé, terzino tendenzialmente scarso ma dal cuore coraggioso.

**"Santu, a voler fare i pignoli c'è un errore!Nell'immaginario collettivo di tutti è Joe Strummer che spacca una chitarra, ma in realtà è Paul Simonon che spacca il basso!"
Simone 'Zeman' Ferrari


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